La ministra Giannini ha annunciato che sono state già avviate le procedure per la ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario 2015 delle università. E’ previsto l’aumento al 20% della quota premiale, i costi standard determineranno il 40% del finanziamento base e le variazioni rispetto allo scorso anno dovrebbero essere contenute tra una perdita massima del 2% e un incremento massimo del 4% per ogni Ateneo.
Dichiara Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’unione degli universitari “L’anticipo delle tempistiche sulla definizione del riparto dell’FFO è certamente positivo, di solito, infatti, gli atenei si ritrovavano a dicembre senza avere ancora certezza dell’entità e dei criteri di ripartizione del finanziamento per l’anno in corso. Ma a fronte di una maggior certezza sulle tempistiche, dalle prime anticipazioni sembrano rimanere tutte le criticità strutturali dell’attuale sistema di finanziamento degli atenei: l’innalzamento della quota premiale al 20%, soprattutto se basata ancora per il 90% sulla VQR, perpetrerà le solite sperequazioni tra atenei, a fronte di una quota base sostanzialmente invariata secondo le previsioni di bilancio”.
Conclude Scuccimarra “I rettori hanno fatto pervenire alla Ministra una serie di proposte, tra cui il contenimento del costo standard al 30% della quota base e limiti alla crescita e alla riduzione dell’FFO per ogni ateneo rispettivamente al 4 e al 2%, ma come diciamo da anni serve una riforma complessiva del sistema di finanziamento e del meccanismo premiale in particolare. Si deve prevedere un rifinanziamento dell’FFO che ha perso 800 milioni di euro dal 2009 e cambiare totalmente la “premialità” che spinge gli Atenei a competere in una logica lontana dalla funzione dell’università pubblica e costruita su indicatori molto contestati e per lo più legati alla ricerca. E’ urgente inoltre, lavorare ad una modifica dei costi standard, un sistema implementato lo scorso anno, senza confronto con gli studenti, che esclude completamente i fuoricorso dal computo.
E’ evidente che esista una certa quota di fuoricorso fisiologica, determinata dalle condizioni socio-economiche, dalla strutturazione didattica dei corsi di studio o da scelte individuali degli studenti rispetto ai propri percorsi formativi, lavorativi o di vita, per i quali non possono essere penalizzati gli atenei, e di conseguenza gli studenti stessi. Prima che gli Atenei mettano in campo politiche di esclusione dei fuoricorso, ad esempio aumentandone le tasse, è necessario rivedere la determinazione dei costi standard e parallelamente incentivare ed investire su strumenti didattici, di diritto allo studio, orientamento e tutoraggio”.