BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Diari dalla Bolivia

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a cura di Libera International

Giramondi quest’anno è alla quarta edizione, e, dopo Argentina, Messico e Colombia, visiteremo uno dei paesi latinoamericani più vivaci a livello sociale, dove appunto le organizzazioni e le associazioni oggi partecipano al processo politico a vari livelli. Partiamo in sedici volontari da Roma, di cui otto fanno parte del gruppo Giramondi e altri otto giovani al progetto Atrevete!Mundo che, oltre a voler conoscere le realtà sociali, farà diverse esperienze di volontariato. A seguire i diari

Giramondi
Giunti a La Paz, la fredda aria frizzantina ci accoglie nel cuore della notte, dopo un lungo viaggio. La notte del 22 aprile, nel pulmino che ci porta da El Alto (la città in cui si trova l’aeroporto) verso La Paz godiamo di un suggestivo panorama della città illuminata vista dall’alto: non è che un assaggio di questa città che si estende  a 3650 metri sul livello del mare. Il gruppo Giramondi quest’anno è formato da 8 volontari, guidati da Tonio Dell’Olio, tra cui ci sono professionalità diverse e volti nuovi: Marina, Vincenzo, Francesca, Lorenzo, Francesco, Gabriele e Tiziana. Dopo qualche ora di sonno, il gruppo Giramondi si lancia alla scoperta del centro della città, visto che, come detto dalla nostra guida speciale Agustin Arellano di Radio Lachiwana, per la prima giornata è necessario dedicarsi all’acclimatamento vista l’altitudine.  Non può mancare una pausa per sperimentare il “mate de coca”, bevanda nazionale boliviana, indispensabile per contrastare gli effetti dell’altura.

Il gruppo Atrevete!Mundo invece fa conoscenza con gli ospiti della Casa del Migrante, dove trascorreranno alcuni giorni facendo attività di volontariato. Nel primo pomeriggio i due gruppi si ricongiungono e prosegue la scoperta della città accompagnati da una delle nostre referenti in loco: Maya Koshi, cooperante della ONG APEA (Accion Por una Educacion Activa). La Paz è una città dalle proporzioni enormi, con panorami formidabili e l’impronta culturale multietnica tipica delle Americhe. Nonostante microcriminalità, traffico e inquinamento, La Paz rappresenta le due facce più rappresentative della Bolivia: è il centro della cultura Aymara ed è un polo commerciale in rapida crescita. Il giorno seguente inizia ufficialmente il programma di incontri per comprendere meglio la realtà sociale boliviana. Appuntamento alle 9 al Ministerio de la Seguridad y de la lucha al narcotrafico per incontrare il viceministro e il direttore dell’Agenzia per la lotta al narcotraffico che ci hanno raccontato delle misure messe in atto dal governo per regolarizzare  la produzione di coca e prevenire il traffico di sostanze illegali. Nell’incontro è stata sottolineata l’importanza della coca nella cultura tradizionale boliviana, derivante dalle culture Aymara e Quechua. Infatti la coca è considerata pianta sacra e con virùt medicinali e utili a combattere la fame, la fatica e le conseguenze dell’altitudine. Esiste una differenza sostanziale tra la coltivazione della foglia di coca per uso tradizionale e la coltivazione per la produzione di sostanze illegali, da cui derivano la macerazione, la cristallizzazione, il traffico e il conseguente abuso delle stesse.

Il viceministro ha poi delineato la strategia nazionale di contrasto al narcotraffico, introdotta con il governo Morales, e che non si basa più sulla repressione e la violenza, ma sul dialogo con i cocaleros (i coltivatori di coca) ed il metodo del “controllo sociale”.Morales infatti, originario della regione del Chapare, è stato per anni il segretario esecutivo delle sei federazioni del tropico dei cocaleros, proveniendo infatti da una delle più importanti famiglie di produttori della foglia di coca del Paese. La nuova strategia prevede un tetto massimo della coltivazione di coca (in particolare una singola coltivazione può raggiungere al massimo la grandezza di un campo da calcio) e le piantagioni in eccesso vengono sradicate in base ad accordi tra i rappresentanti dei cocaleros e del governo al fine di concordare misure alternative per il sostentamento dei contadini. Attualmente il governo è impegnato in una campagna per mutare la percezione che si ha della foglia di coca a livello internazionale, mettendo a punto un programma di industrializzazione della coca per produrre medicinali, cosmetici, fertilizzanti ed intensificare il suo utilizzo in ambito domestico. A questo programma di azione si è giunti dopo la cessazione della collaborazione con le agenzie americane DEA (Drug Enforcement Administration) e NAS (The Narcotraffic Affairs Section) e l’espulsione dell’ambasciatore statunitense. A partire dal 2007 quindi la Bolivia ha avviato un programma nazionale di lotta al narcotraffico con l’importante ausilio dell’Unione Europea e altre nazioni. Nel pomeriggio il gruppo Giramondi si è recato a El Alto per conoscere le attività della ong APEA, rivolte ai bambini e ragazzi del quartiere-città e di età compresa tra i quattro e i vent’anni. Attraverso il gioco, si cerca di insegnare ai ragazzi il valore del “buon trato” ossia del rispetto delle regole e del rispetto fra loro, la sana competività e l’importanza della condivisione e della generosità.

In serata il gruppo Giramondi ha proseguito con la visita dell’ “Asemblea permanente de los derechos humanos”, che ha criticato la posizione e le azioni del governo Evo Morales nei confronti del controverso tema della Tipnis, la riserva india, in territorio amazzonico, dove si vorrebbe far passare una autostrada che dovrebbe unire le sponde dell’ oceano Atlantico e dell’oceano Pacifico attraversando Brasile, Bolivia, Cile e Perù. Frange della popolazione boliviana – costituita soprattutto dai gruppi indigeni che vivono nella regione su cui dovrebbe passare l’autostrada – si oppongono strenuamente al progetto infrastrutturale poiché non solo avrebbe un impatto ambientale devastante sull’area prescelta, ma anche perché inizialmente non c’è stato alcun coinvolgimento né consultazione della popolazione nel processo decisionale.   Negli scorsi anni ci sono stati duri scontri fra la popolazione che si oppone al progetto e le forze di polizia boliviane. E non è bastato l’intervento di alcuni esperti dell’Unione Europea, che ha consigliato un tracciato alternativo in Bolivia, per sedare gli animi. Al momento il progetto dell’autostrada è sospeso, in attesa di trovare un accordo soddisfacente per tutte le parti.

Atrevete!Mundo

Tra Roma e La Paz ci sono 30 ore di viaggio, attese, conoscenze, prime presentazioni e l’immancabile frenesia di non sapere ciò che ci attende. Giramondi e Atrevete!Mundo come ogni anno sono partiti insieme per questa nuova  avventura alla scoperta delle realtà associative, organizzazioni ed istituzioni che in Bolivia si impegnano nell’ambito dell’antimafia sociale in modi diversi, tra cui la difesa dei diritti umani, la lotta alla corruzione e al narcotraffico, il valore della memoria e dell’educazione informale. Il gruppo di Atrevete!Mundo quest’anno è composto da 8 ragazzi provenienti da ogni parte di Italia e con percorsi personali molto diversi, ed il viaggio che li aspetta è altrettanto frastagliato di esperienze diverse e alle volte contrastanti. Infatti, per la quarta edizione di Giramondi e Atrevete!Mundo, il viaggio sarà itinerante e toccherà diverse tappe: La Paz, la regione de Los Yungas, Cochabamba e Santa Cruz. Partiti il 21 aprile, Giulia, Chiara, Luisa, Eugenio, Nicoletta, Valentina, Francesca e Giulia, insieme agli altri otto partecioanti di Giramondi, sono arrivati alla Casa Del Migrante di La Paz durante la notte, e dopo aver riposato alcune ore, hanno potuto conoscere questa prima realtà di impegno solidale. La Casa del Migrante si trova precisamente nella Ciudadela Ferroviaria di La Paz, la città più alta del mondo, che solo quartieri come questo superano in altitudine ed in densità abitativa. Ilaria, la responsabile della Casa, spiega ai ragazzi che questa è la struttura ospitativa per migranti più grande della Bolivia, con 30 posti letto ed un sostegno diretto della Parrocchia locale. La Casa del Migrante accoglie persone provenienti da Brasile, Colombia,  Perù, e da altre regioni boliviane che sono richiedenti asilo o rifugiati. Mentre si parla, gli ospiti della casa cucinano, guardano la tv ed i più piccoli si avvicinano al gruppo per chiedere chi sono. Tutti insieme si pranza con zuppa di jucca, riso e pollo in umido, e poi, per la prima giornata, si fa un giro a La Paz.

Conoscere la Bolivia significa soprattutto conoscere la sua storia, che inizia con la discendenza di Tiwanaku, abbraccia poi le culture Aymara e Quechua, incontra nella sua storia l’indipendenza con Bolivar, e nell’età moderna cade vittima di diciotto anni (1964 – 1982), di molteplici dittature durante le quali il popolo boliviano non ha mai smesso di lottare per la giustizia sociale del suo Paese. Oggi in Bolivia governa Evo Morales, il primo presidente indigeno nella storia di questo Paese, che dal 2006 ha visto nascere una nuova costituzione e realtà governative innovative che hanno permesso di diminuire l’influenza politica estera, coinvolgendo più massicciamente la società civile stessa nella vita politica. Con Agustin Arellano di Radio Lachiwana, la nostra guida principale qui in Bolivia, il gruppo incontra come prima esperienza istituzionale, il vice-ministro della sicurezza e della lotta al narcotraffico, Remo Perez, direttore nazionale dell’Agenzia delle sostanze controllate. Il vice-ministro Perez ci spiega come la produzione della foglia di coca avvenga principalmente in Perù, Bolivia e Colombia; quest’ultima passata da stato importatore a produttore diretto solo da pochi decenni. Se prima la lotta al narcotraffico dipendeva dalle agenzie americane DEA e NAS, ora Evo Morales ha nazionalizzato la lotta al narcotraffico, bandendo le agenzie statunitensi di intelligence ed ha espulso l’ambasciatore americano che appoggiava il loro lavoro. Così, con al fine del “Plan Zero” che prevedeva una guerra al narcotraffico violenta e sanguinosa, dopo il 2006, la strategia è cambiata ed è diventata più “umana”, grazie alla legge 1008, che stabilisce un limite massimo di piante di coca coltivabili, e si predilige il dialogo e la risoluzione dell’illecito attraverso il rispetto dei diritti umani. Altro strumento nuovo è il “controllo sociale”, che coinvolge tutta la popolazione rendendola partecipe in prima persona, soprattutto i cocaleros (coltivatori di coca) che in questo modo  possono denunciare le coltivazioni illecite.

Da liberainformazione.org


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