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Caso Alpi-Hrovatin, quanto ancora dobbiamo aspettare per conoscere la verità?

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Cosa altro ci vorrà per determinare quello scatto, politico e civile, che porti ad accertare le ragioni, i mandanti e gli esecutori dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Per l’ennesima volta, il tg3 e Rai3, hanno riacceso i riflettori e hanno portato nuovi e clamorosi elementi di conoscenza. Già nelle scorse settimane, durante una puntata della trasmissione “Chi l’ha visto?”, la giornalista Chiara Cazzaniga aveva raccolto, a Londra, la ritrattazione del supertestimone Jelle che, per la prima volta, ha deciso di scagionare Hashi Homar Hassan, ancora in carcere a Padova, unico condannato, e considerato il classico capro espiatorio anche da Luciana Alpi, la coraggiosa mamma di Ilaria.

Sabato sera, invece, la terza rete della Rai ha trasmesso la docufiction “L’ultimo viaggio” del regista Claudio Canepari, prodotta da Raifiction e da Magnolia.
Ne è uscito un viaggio rigoroso ed appassionato che ci ha condotto verso sentieri inediti e poco percorsi, o forse occultati da omissioni e ripetuti depistaggi. “Abbiamo letto tutti i documenti recentemente desecretati, e ripercorso i duecento giorni che precedono l’esecuzione di Ilaria e Miran..”, queste alcune delle riflessioni che il regista Canepari ha affidato a Stefano Corradino, nell’intervista pubblicata dal Radiocorriere Tv.
Alcuni di quei documenti sono informative dei servizi segreti mai prese in considerazione, portano al traffico d’armi, alle triangolazioni con la Somalia coperte dalla Cia, alla presenza di mercanti della Lettonia, all’utilizzo di navi italiane, all’aggiramento dell’embargo contro la Somalia deciso allora dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Questa pista era stata sfiorata da Ilaria e Miran, come testimoniano i loro ultimi filmati. Dal momento che non spetta ai cronisti e ai registi emettere le sentenze, sarà il caso che queste nuove clamorose documentazioni siano viste, lette e impugnate, ora e subito, dalle istituzioni, dal governo, dai magistrati affinché siano finalmente illuminate le zone d’ombra, accertati i depistaggi e colpiti i responsabili; riannodando così il filo che porta alla verità, anche a costo di dover svelare realtà terribili, intrecci inconfessabili, interessi internazionali e nazionali volutamente occultati.

Per le torture alla Diaz è stato necessario attendere il giudice di Strasburgo, per Ilaria e Miran, a distanza di 21 anni, saremo in grado di fare da soli?


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