È ufficiale: Pierre Nkurunziza, Presidente della Repubblica del Burundi, si è candidato per le presidenziali in programma venerdì 26 giugno. La decisione ha suscitato non pochi malumori tra gli abitanti della capitale, tanto che migliaia di manifestanti si sono riversati per le strade di Bjumbura, ostruendone la viabilità con massi e pneumatici in fiamme. Le forze di polizia hanno cercato di arginare la protesta con lacrimogeni e idranti, anche se fonti discordanti non escludono il ricorso alle armi da fuoco.
I cittadini di Bujumbura sostengono l’incostituzionalità della candidatura. La legittimità delle contestazioni trova infatti riscontro nella Carta Costituzionale del 2005, dove il limite massimo dei mandati presidenziali è fissato a due. Dal canto loro, i sostenitori di Nkurunziza giustificano la posizione del proprio candidato, sostenendo che il primo mandato (2005-2010) gli venne assegnato col voto dell’Assemblea Nazionale anziché del popolo.
Nei due giorni di manifestazioni, il bilancio provvisorio parla di 5 morti e almeno 20 feriti (di cui molto poliziotti), numeri che, visto il prolungarsi delle attività, verranno sicuramente aggiornati nelle prossime ore.
Il governo, scrive Reuters, ha annunciato l’intervento delle esercito a supporto della polizia locale. Gervais Abayeho, portavoce del presidente, ha giustificato le contromisure istituzionali in virtù di proteste “tutt’altro che pacifiche”. In tal senso, la chiusura di Radio Publique Africaine (RPA), una delle poche stazioni radiofoniche indipendenti del paese, è stata ordinata al fine di evitare qualsiasi forma di “istigazione alla violenza”. I metodi d’azione (irruzione e sequestro degli uffici), contestualizzati al periodo politico, lasciano tuttavia intendere che Nkurunziza farà di tutto per destabilizzare e mettere a tacere il pensiero delle opposizioni.
A circa due mesi dalle presidenziali, il Burundi attraversa una stagione cruciale per il futuro dello stato. Dopo 10 anni di governo Nkurunziza, le manifestazioni di piazza testimoniano le ambizioni di un paese che, dopo la Costituzione del 2005, ha intenzione di continuare il proprio iter verso la democrazia, la parità dei diritti e il riconoscimento delle libertà fondamentali.