Acqua e idrogeno al posto della benzina, è una realtà (ma l’Italia è indietro…)

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Suggerisco, per semplice curiosità, di andare ad informarsi – io l’ho fatto nel quartiere Prati a Roma – presso un’officina meccanica o elettrauto (un po’ grande e qualificata, altrimenti cercate l’elenco sul web città per città) e chiedere cosa fare per installare sulla propria auto il kit per farla andare ad idrogeno. Vi risponderanno che possono farlo, o vi indicheranno chi può farlo, vi diranno che funziona, che chi lo ha montato non ha problemi, però tutto questo non è ufficialmente riconosciuto, quindi niente vantaggi delle auto ecologiche, niente sgravi, niente di niente. Agevolare questa tecnologia e combattere i carburanti a benzina e diesel dipende solo dalla Motorizzazione Civile, che dipende dal ministero dei Trasporti e dunque tutto dipende dal governo.

Il motore ad acqua, insomma, è una realtà ma i problemi sono ancora moltissimi. Fra qualche anno però la situazione cambierà, per forza di cose, esattamente come è accaduto per il GPL. Facciamo un passo indietro. Da anni in molti paesi i ricercatori studiano le possibili applicazione dell’idrogeno come vettore per il trasporto di qualsiasi veicolo. Nel mondo se ne parla come di “economia dell’idrogeno”.

Il punto fondamentale è che per produrre idrogeno, che è, appunto, un vettore energetico, ci vuole una fonte di energia e deve essere un’energia pulita, alternativa a quelle da idrocarburi fossili, altrimenti si ricada nel circolo vizioso delle fonti tradizionali che stanno inquinando il mondo, e le nostre vite. Serve quindi una fonte “alternativa”, sia essa solare o eolica o, ancora meglio, l’elettrolisi dell’acqua. Ma ora ci siamo. Non è più un’utopia dei soliti sognatori, è la realtà messa a punto di diverse aziende e da molti artigiani, anche in Italia. Ma è indispensabile ripercorrerne la storia, cercando di depurarla dal tipico “complottismo” che circonda questi argomenti sul web. Cominciamo dalla figura più rilevante, l’americano Stanley Meyer.

Stanley Meyer, un inventore dell’Ohio, nel 1995 annunciò in televisione di aver costruito un’automobile alimentata ad acqua, che con 4 litri d’acqua poteva percorrere circa 184 km. Era l’applicazione pratica si tratta di una tecnologia già allo studio da tempo, che produce una miscela di idrogeno e ossigeno.
Meyer è considerato da alcuni il secondo miglior inventore del XX secolo, dopo Nikola Tesla. Ma come funzionava la water car?

Si trattava semplicemente di cambiare il sistema di iniezione e aggiungere una cella per l’elettrolisi ricaricabile automaticamente con la dinamo. Lo scienziato ottenne i brevetti per la sua invenzione ed era pronto per la produzione: infatti con soli 1500 dollari, diceva che avrebbe trasformato qualunque automobile in una water car.

Ovviamente era una di quelle tipiche invenzioni (non certo la sola) che avrebbe rivoluzionato l’industria automobilistica, l’utilizzo del petrolio e la vita di tutti.
Oggi si sostiene che in molti si proposero come acquirenti della sua invenzione, tra cui l’Arab Oil Corps e forse lo stesso governo degli Stati Uniti che voleva impiegare la sua invenzione per l’alimentazione dei mezzi militari. Poiché Meyer non aveva intenzione di venderla a nessuno, adducendo come motivazione il fatto che “la tecnologia è al servizio delle persone”, cominciò ad essere oggetto di minacce e intimidazioni.

Nel marzo del 1998 fu ritrovato senza vita in un parcheggio a Grove City, sua città natale, dopo aver cenato in un vicino ristorante. Fu quindi effettuata una autopsia. Il medico legale dichiarò che la morte avvenuta a seguito di un aneurisma cerebrale, ma i “teorici della cospirazione” insistono nel dire che fu avvelenato per togliere di mezzo la tecnologia da lui inventata e che nella sua morte erano coinvolte le compagnie petrolifere e il governo degli Stati Uniti. Al momento, venti anni dopo, non se ne sa molto di più.

Il fratello di Meyer raccontò che la settimana successiva alla sua morte, alcuni individui si appropriarono dell’auto e di tutti gli strumenti di sperimentazione. Insomma, al di là delle circostanze misteriose in cui avvenne la sua morte, un alone di mistero avvolge il nome di Stan Meyer, sul quale si trovano pochissime notizie anche sul web e di lui parlano diffusamente soltanto blog o forum o piccoli siti.

A prescindere dalle teorie del complotto, una riflessione appare lecita. Oggi si continua a discutere di proposte per trovare l’alternativa al petrolio. La verità è che le nuove scoperte, ammesso che esistano, è probabile che vengano insabbiate ancora con mezzi più o meno leciti, ma il prosciugarsi delle riserve petrolifere e l’insostenibilità del modello attuale – riconosciuta recentemente anche da Obama – sta portando l’economia mondiale a guardare con maggiore interesse all’idrogeno.

Il meccanismo, semplificando, è questo: basta utilizzare il normale carburante miscelato con l’idrogeno generato dall’auto in un processo chiamato elettrolisi. Gas di idrogeno sono diretti verso la camera di combustione dei motori, attraverso il collettore di aspirazione dell’aria, dove si miscela con combustibile a base di carbonio (benzina, gasolio, gpl, metano). Questo aumento del livello di ottani della miscela aria/carburante permette al carburante di bruciare quasi completamente, riducendo così la quantità di inquinanti dello scarico. E ‘una tecnologia piuttosto semplice, basata sul meccanismo per cui il pistone è in grado di comprimere completamente prima che si accenda, e l’idrogeno supplementare permette al carburante di bruciare in modo più efficiente riducendo la quantità dei rifiuti (emissioni). Questo aggiunge anche più potenza al motore, che aumenta l’efficienza e migliora le sue prestazioni.

In Portogallo questi kit, chiamati HHO Plus, si stanno diffondendo molto, ovviamente anche per motivi economici legati ai costi dei carburanti tradizionali.

Nel Nord Europa la messa al bando delle auto che si muovono a benzina, gasolio e gas è all’ordine del giorno da alcuni anni. Mentre qui in Italia chi usa un impianto GPL è considerato ancora oggi (nel 2015!) una sorta di “precursore”, in Norvegia e in Danimarca da quest’anno vengono progressivamente proibite tutte le auto non ecologiche. Il piano di questi governi è quello di vietare entro tre anni la vendita di autovetture che non siano ibride, elettriche, biodiesel o a idrogeno. E pensare che, nel Nord Europa, la benzina costa decisamente meno rispetto ai nostri (indecenti e folli) standard. Ma in quelle realtà la coscienza ecologica dei cittadini e dei governanti è molto sviluppata e questo cambiamento è quindi, anzitutto, di tipo culturale.

L’India, paese in crescita disordinata e ricco di menti geniali nel campo della tecnologia e delle innovazioni, sta estendendo la sua rete di motori e kit per motori che loro definiscono “Aqua Fuel Tecnology” e li stanno mettendo sul mercato anche in Europa.
Per le altre realtà un ostacolo è rappresentato dal fatto che al momento le case automobilistiche sfornano modelli “ecologici” dalle prestazioni ancora troppo modeste, ma soprattutto dal mancato riconoscimento ufficiale da parte delle Motorizzazioni. A maggior ragione, quindi, sarebbe opportuno sviluppare in maniera molto più decisa la ricerca sui motori alternativi, a partire da quelli a idrogeno.
I prodotti ormai sono numerosi e i kit per l’utilizzo dell’idrogeno vengono montati sempre più frequentemente, senza che esista una attendibile statistica al riguardo. Ma le novità ci sono davvero anche in Italia. Entro il prossimo mese la società dell’ingegnere Lorenzo Errico comincerà a montare un kit modernissimo per le auto diesel. Cerchiamo di capirne il funzionamento.

La tecnologia HHO, gia’ nota come “ Brown’s Gas “, é conosciuta come metodo nei suoi fondamenti e permette di separare le molecole d’acqua in una miscela gassosa di idrogeno e ossigeno che esplode  a circa 530°C o ad alta pressione, imprimendo notevole velocità alla combustione e quindi massimizzandola. L’elettrolisi avviene a bordo dell’auto, senza la necessità di accumulare pericolosamente l’idrogeno in bomboloni e l’auto così realizzata percorre 184 chilometri con 4 litri di acqua.

Questo metodo, è stato sviluppato dal team di Errico con una particolare interpretazione dell’alimentazione delle celle, certificata dall’Ufficio Europeo Brevetti di Monaco di Baviera, come “Invenzione priva di qualsiasi anteriorità in tutto il mondo”, omologando in tempi brevissimi i brevetti. Il sistema sviluppato, a bassissima energia impiegata per la dissociazione delle molecole di H2O, abbatte notevolmente i consumi di energia elettrica, consente l’implementazione di un sistema di dissociazione elettrolitico On-Board e On-Demand su tutti i mezzi mobili e riduce drasticamente consumi di carburante  e di emissioni nocive.

La campagna è stata appena lanciata e proseguirà con la messa a disposizione dei kit denominato “hydromoving” anche per le auto a benzina e a gas. A decidere, a questo punto, saranno i consumatori. Se funzionerà bene possiamo immaginare che gli automobilisti si faranno sentire anche in un paese, come il nostro, dove la sensibilità di tipo ambientale è molto scarsa e il predominio della benzina (cioè del petrolio) è molto saldo.

In Italia ci sono alcune centinaia di auto che già utilizzano dei kit a idrogeno di tipo più artigianale, ma per i quali ci sono varie officine di installazione e supporto. Per sbloccare la situazione, però, non bastano i tecnici, serve una scelta ai massimi livelli e serve anche che un serio giornalismo investigativo si concentri su un tema come questo. E’ fondamentale che di queste novità nel campo energetico e ambientale, a prescindere dalle posizioni della politica e dalle chiacchiere del web, si occupi seriamente l’informazione, senza spettacolarizzazioni, come a volte è stato fatto in TV, ma senza condizionamenti da parte del mercato. La scienza, la ricerca, la medicina sono settori nei quali non si può sbagliare, ma non si può sbagliare nemmeno nel riportarne le notizie. Abbiamo, insomma, una missione comune.

Massimo Fontanelli, ex ricercatore del Dipartimento di Chimica Università di Firenze di cui ora è consulente onorario


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