“La Resistenza è una bussola rispetto alle sfide che il presente ci pone”. Intervista a Marino Sinibaldi

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di Stefano Corradino*

Nel 1927 nasce l’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR). La radio, più del cinematografo, si rivelerà un nuovo potente mezzo di propaganda, che lo stesso Mussolini annunciò con grande magniloquenza: “Il tempo dell’agnosticismo politico è finito. La coscienza nazionale chiede di essere alimentata, istruita, orientata”. Ma se il fascismo aveva imposto la radio come megafono del pensiero unico esso non aveva fatto i conti con la natura anarchica dello strumento, capace di superare confini, abbattere barriere e diventare un mezzo per contrastare i regimi.
In occasione del settantesimo anniversario della Liberazione affrontiamo il tema del rapporto fra la radio e il fascismo (vecchio e nuovo) con il direttore di Radio3 Marino Sinibaldi (nella foto) che ha predisposto una programmazione speciale per l’importante ricorrenza.

Con quale spirito avete pianificato un palinsesto straordinario legato alla Liberazione?
Lo spirito è raccontare qualcosa che ci riguarda direttamente. Le storie di cui parliamo hanno a che fare con l’oggi, con il modo in cui viviamo la nostra storia e affrontiamo una sfida sempre attuale, quelle delle nuove libertà e dei nuovi diritti.

Quale valore ha parlare oggi di Resistenza?
E’ una pagina della nostra storia nazionale che dovremmo conoscere meglio perché ci trasmette valori importanti ma è anche una bussola rispetto alle sfide che il presente ci pone. Nella nostra programmazione per il 25 aprile c’è un ciclo di quattro storie nel quale abbiamo raccontato il coraggio della Resistenza da due punti di visti, quello individuale e quello collettivo. La prima chiave di interpretazione riguarda le storie di singoli individui e la loro preziosa capacità di indipendenza da quei regimi, quei grandi apparati ideologici e tecnologici che oltre alla libertà della vita hanno minato e annientato la libertà delle coscienze. L’altro aspetto, complementare è quello collettivo e cioè di quella solidarietà che consente alle resistenze individuali di non essere travolte e non risultare irrilevanti.
Ne deriva che la Resistenza è stata un modello di collaborazione, di condivisione.

Ai tempi della Liberazione la radio era l’unico strumento “tecnologico” per raccontare la guerra.
Non solo. Pur avendo ben pochi mezzi a disposizione i partigiani crearono esperienze radiofoniche inimmaginabili per quei tempi. Un gruppo fiorentino – lo abbiamo raccontato nello speciale – diede vita a “Cora”, una radio libera clandestina che trasmetteva agli alleati le notizie sui movimenti tedeschi.
Per noi che oggi facciamo radio è emozionante pensare come veniva utilizzata la radio a quel tempo e questo ci dà inevitabilmente un forte senso di responsabilità quando trattiamo di Resistenza sulle nostre emittenti.

Il virus del fascismo è stato debellato?
Tutt’altro. In questi anni sono sopravvissute largamente nel nostro Paese ideologie violente, di sopraffazione e apertamente fasciste. Le aggressioni contro gli immigrati o contro manifestanti inermi fanno sempre riferimento, più o meno esplicitamente, a canzoni, slogan, colori fascisti. E ciò è desolante perché certe parole, certe azioni e certi simboli speravamo di esserceli lasciati definitivamente alle spalle.

*Fonte: intervista pubblicata sul Radiocorriere Tv


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