“Pronunciare il nome dei morti è una tradizione fondamentale in Kenya, ma le vittime degli attacchi sono state ridotte a mere statistiche. Avevamo bisogno di fare qualcosa perché questo non succedesse più, per umanizzare i numeri e garantire che tutti coloro che sono morti a Garissa siano ricordati con un nome e un viso, non solo con un numero”.
Sono nati così #147notjustanumber e il sito http://notforgotten.co.ke che hanno dato vita una settimana di veglia al Freedom Corner di Uhuru Park per rendere omaggio alle vittime. Il prossimo passo è la creazione di un database con i nomi, le immagini e le storie di tutte le vittime di attacchi violenti, anche quelli che si sono verificati prima di Garissa. “Faremo in modo di ricordare tutti e così cambiare il modo in cui la nostra società vede la morte e l’omicidio di massa”.
E anche per colmare quella distanza tra i morti dell’occidente e i morti africani perché, come scrive Owaahh “le reazioni e l’attenzione occidentali risentono ancora di una visione post-colonialista: hanno dominato questa parte del mondo, e hanno prosperato «disumanizzando» i neri che hanno ucciso. E questa è l’eredità che l’Africa vive ancora oggi”.
Eccoli allora i ragazzi e le ragazze all’università di Garissa uccisi il 2 aprile del 2015 da un commando terroristico: guardiamo i loro volti e leggiamo i loro nomi.
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