Al Teatro Costanzi, la sera del 14 gennaio del 1900 andò in scena, in un paese anche all’epoca in balia di una difficile situazione economica e politica, la prima assoluta della Tosca di Giacomo Puccini, tratta dal dramma di Victorien Sardou, e tramutata dal geniale compositore italiano, in una delle più grandi storie d’amore e di tradimenti di sempre.
Sotto la direzione attenta del maestro, fu curata minuziosamente ogni componente scenica del racconto, in una armonia perfetta in cui tutti gli elementi resero l’apparato visivo incredibilmente reale. Roma per prima ospitò l’opera che più la incarna, il suo ritratto è tracciato perfettamente attraverso la malvagità di Scarpia, l’amore di Tosca e il coraggio del giacobino Cavaradossi.
Alla memoria storico-artistica del teatro, il Sovraintendente Carlo Fuortes e l’opera di Roma si sono ispirati oggi per la Tosca in scena fino al
12 marzo, riproponendo l’allestimento pittorico e i costumi creati per la rappresentazione del 1900 da Adolf Hohenstein, seguendo le indicazioni dello stesso Puccini.
Il laboratorio di scenografia del teatro, ha ridisegnato con meravigliosa maestria i tre ambienti in cui si svolge il dramma: Il primo atto all’interno di Sant’Andrea della Valle, con Mario Cavaradossi intento a pittare: “L’arte nel suo mistero le diverse bellezze insiem confonde”.
Tosca, cantante famosa e inquieta amante del pittore, il fuggiasco repubblichino Cesare Angelotti, evaso da Castel Sant’Angelo e riparato nella cappella di famiglia all’interno della chiesa e Scarpia che invaghito di Tosca abilmente ne suscita la folle gelosia, fino al suggestivo arrivo dei fedeli al passaggio della processione che intona il Te Deum di ringraziamento, per la presunta disfatta di Napoleone a Marengo.
Il secondo atto a Palazzo Farnese, con l’arresto e la tortura del Cavaradossi per aver nascosto il fuggiasco Angelotti – ritrovato poi cadavere – nella propria villa, e il delitto del Barone Scarpia per mano di Tosca sottoposta al ricatto d’amore in cambio di un salvacondotto per il bel Mario.
Mentre si appresta a cingerla: “Questo è il bacio di Tosca!”, la donna trafigge il barone con il pugnale e ricorda “E avanti a lui tremava tutta Roma”.
E infine, il terzo atto a Castel Sant’Angelo, è l’alba, Cavaradossi, scrive una lettera d’addio alla sua amata: “Oh! dolci baci, o languide carezze,
mentr’io fremente le belle forme disciogliea dai veli! Svanì per sempre il sogno mio d’amore… L’ora è fuggita… E muoio disperato! E non ho amato mai tanto la vita!…
L’arrivo di Tosca, che gli racconta del salvacondotto e della fucilazione fasulla, per poco illude i due amanti, ma Cavaradossi muore realmente, e Tosca scoperto l’inganno, l’ultima viltà di Scarpia, si getta nel Tevere dagli spalti del Castello.
La creatura di Giacomo Puccini, con la regia di Alessandro Talevi, la ricostruzione delle scene di Carlo Savi, quella dei costumi di Anna Biagiotti e la direzione dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma del Maestro Donato Renzetti, tocca l’anima dello spettatore: “Mia Tosca idolatrata, ogni cosa in te mi piace; l’ira audace e lo spasimo d’amor!”.
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