Siamo oltre sette miliardi di essere umani. Le risorse naturali si stanno esaurendo e gli allarmi annunciati più di quaranta anni fa cominciano a materializzarsi: cambiamenti climatici, eventi estremi, sovrasfruttamento degli oceani e delle foreste, inquinamento, rifiuti, cementificazione. A chi va attribuita la colpa di un Pianeta sull’orlo del collasso? E la responsabilità è solo di scelte politiche nazionali inadeguate o scellerate o va ricondotta anche ai comportamenti individuali? A queste domande risponde il climatologo Luca Mercalli presidente della Società Meteorologica Italiana nel programma “Scala Mercalli” in onda per sei settimane il sabato sera in prima serata su Rai3. Con filmati di elevata qualità e il supporto di scienziati, filosofi e psicologici Mercalli non fotografa solamente lo stato del Pianeta ma informa sulle soluzioni sostenibili già esistenti. Ma poco praticate.
Quali obiettivi si propone “Scala Mercalli”?
E’ un programma di divulgazione scientifica con particolare riferimento ai problemi ambientali. La scienza applicata alla denuncia e, speriamo, alla soluzione dei problemi. Dai cambiamenti climatici ai rifiuti all’uso del territorio. Le alluvioni, il dissesto idrogeologico, la cementificazione… E con una parte di filosofia e psicologia perché, per agire su questi problemi, abbiamo anche bisogno di conoscere più a fondo i nostri comportamenti.
Siamo ancora in tempo per invertire la rotta dell’autodistruzione del Pianeta?
Abbiamo ancora un po’ di tempo davanti ma se lasciamo passare altro tempo senza prendere i provvedimenti corretti ci avviciniamo a quel punto di ritorno oltre il quale subiremo solo le conseguenze.
Il punto di non ritorno ha una data nel calendario?
Potrei dire dieci anni ma non c’è un termine esatto. Siamo in ritardo di almeno venti. Ma c’è sempre tempo per salvare il salvabile e prima cominciamo meglio è.
Quando si affronta questo tema si tende alla minimizzazione o al catastrofismo. Come si deve procedere per fare un’informazione seria?
E’ la domanda chiave. Ed è questa la vera sfida. Entrambe le forme di comunicazione – le esagerazioni così come le sdrammatizzazioni – hanno fallito. Noi cerchiamo di fare un’informazione scientifica, seria e autorevole e ovviamente saranno i telespettatori a giudicare. Vogliamo dire le cose come stanno anche quando sono gravi ma lo facciamo attraverso le parole e i dati degli scienziati. La via d’uscita per non creare ansia è far vedere che le soluzioni ci sono. E io mi ci metto in prima persona, come “testimonial” di chi, certe cose, prova a farle ogni giorno. Dall’uso dei pannelli solari sopra la mia abitazione all’utilizzo di auto elettriche. Perché non si può predicare bene e razzolare male…
Qual è il limite principale dell’Italia nelle politiche ambientali?
La mancanza di coerenza. Vogliamo fare una buona politica sulle energie rinnovabili ma poi diamo il via libera alle trivelle. Bisogna scegliere da che parte stare. Se il medico ti ordina la dieta non puoi al mattino mangiare zucchine e la sera abbuffarti di matriciana…
Ci sono paesi evoluti in Europa sulle scelte ambientali?
Su questi problemi la Danimarca è la nazione più evoluta al mondo. Da loro abbiamo tutto da imparare.
L’inversione di rotta passa solo per scelte politiche nazionali diverse o anche per comportamenti individuali più corretti?
La responsabilità individuale è fondamentale. Nell’ultima puntata ad esempio ci occuperemo interamente di rifiuti. Pensiamo alle strade di Roma. I rifiuti non sono certo caduti dal cielo e qualcuno li ha buttati. Ma se potessimo riavvolgere il nastro e tutti quelli che hanno buttato i rifiuti li riprendessero avremmo una Roma pulita, perfetta…