Nozze gay: tar, tare e tarati

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Il ministro dell’Interno e il prefetto non possono annullare la trascrizione di matrimonio. Abbiamo avuto bisogno di una sentenza Tar Lazio per sancire un fatto già noto al primo anno di legge: ennesimo spreco (e spregio) di tempo e denaro contro la comunità che si cucca danno e beffa ché ministro e prefetto sono esonerati dal risarcire l’uno e l‘altra. Il ministro, e in quanto tale vigilante sullo stato civile, non sa che il matrimonio gay (matrimonio egualitario) contratto all’estero è atto costitutivo anche in Italia in quanto possiede tutti i requisiti (art. 84 e segg. C.C.). E’ solo in assenza d’uno di questi che il Ministro può entrare nel merito, non sulla trascrizione che ha solo efficacia probatoria e può essere annullata esclusivamente con sentenza del Tribunale ordinario.

Nel merito il nostro Paese è concentrato d’istituzionale ponziopilatismo. L’ordinamento italiano non vieta espressamente il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, dà per scontato il divieto per una specie d’atavico quanto discutibile naturalismo legato ai termini marito e moglie che compaiono a tratti nel diritto di famiglia, ma che da soli non bastano certo a vietare il matrimonio tra omosessuali. Dunque è il Parlamento (così come più volte sollecitato dalla Corte Costituzionale) che deve legittimare (legiferare) in patria ciò che la Carta dei Diritti Umani e pedissequi trattati e convenzioni europei hanno già ratificato. La “vita familiare” è diritto inviolabile del rapporto di coppia. L’Italia, negando la celebrazione del matrimonio e addirittura anche solo la sua trascrizione, ha deciso che questo diritto appartiene esclusivamente alla coppia eterosessuale. Questa discriminazione è tara pesante.


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