Il dolore per le vittime dell’attentato di Tunisi è ancora lì, fermo, vivo, nelle lacrime dei loro cari, nel cordoglio di milioni di italiani che per la prima volta hanno pagato un tributo di morte alla guerra del terrore messa in atto dallo Stato islamico, che non potendo colpire i luoghi del potere ha rivolto la propria ferocia contro turisti inermi.
I terroristi avevano provato ad entrare nel Parlamento, il primo eletto democraticamente ed espressione di un governo laico, ma essendo stati bloccati dalla sicurezza hanno dirottato la loro attenzione su obiettivi internazionali per ottenere una risonanza mediatica più ampia.
Ben diverso il ‘disegno’ dietro l’azione di venerdì scorso dei kamikaze nelle moschee dello Yemen, l’ultimo paese a subire attacchi per mano di estremisti legati a ISIS.
Sono morte 137 persone, per lo più fedeli, tutti yemeniti sciiti falciati mentre erano raccolti in preghiera.
Questo attentato ha evidenziato corme non mai quanto la lotta settaria nel Paese, da cui si ritiene il Califfato abbia mosso i primi passi, sia in crescita e destinata ad ampliarsi ben oltre i confini dello Yemen.
Ma un altro elemento è altrettanto chiaro, dirompente.
Il contrasto in Medio Oriente tra l’Iran e i suoi alleati contro i regimi sunniti rivali ha raggiunto un punto di non ritorno. Uno scontro finale che coinvolge anche il mondo occidentale che appare sempre più annichilito, spaventato, incapace di reagire con efficacia all’avanzata dell’Isis.
A fronte dell’abulica staticità dell’occidente appare ancor più straordinaria la reazione del popolo tunisino che nonostante la profonda ferita che l’attentato ha inferto al Paese ha deciso di non lasciarsi intimidire dalle minacce dei terroristi, i quali hanno annunciato che l’attacco al museo Bardo era solo ‘la prima goccia di pioggia’.
I tunisini hanno risposto alla strategia del terrore dello Stato Islamico non solo andando in piazza a poche ore dai sanguinosi eventi nella Capitale, ma anche confermando il Forum Sociale Mondiale che si svolgerà dal 24 al 28 marzo a Tunisi.
Sindacati e movimenti sociali che stanno lavorando all’evento sono certi che nessuna delle 40 mila persone attese, e che sono impegnate nelle attività di sensibilizzazione e sostegno alla lotta per la giustizia sociale, i diritti umani e ambientali, mancherà all’appuntamento.
Il senso di questa iniziativa, e la sua importanza, sono racchiusi nelle poche righe del comunicato diffuso dal comitato promotore che ricorda come questo incontro dei movimenti altermondialisti, nato a Porto Alegre, in Brasile, nel 2001 in alternativa al Forum economico mondiale di Davos, abbia radunato ogni due anni in diversi continenti gli organizzatori di campagne sul clima, attivisti dei popoli indigeni, operatori del commercio equo e solidale, pacifisti e movimenti per il disarmo.
Dal 2013 l’asse è stato spostato nel mondo arabo per sostenere le rivendicazioni delle masse di donne e uomini, soprattutto di giovani, che hanno sfidato con mobilitazioni civili gli eserciti dei dittatori nelle primavere arabe.
Il forum di Tunisi di quell’anno ha coinvolto oltre 30 mila persone, provenienti da 127 paesi.
Oggi, nonostante l’inevitabile peso dei tragici eventi del 19 marzo, c’è da esser certi che l’edizione del 2015 non sarà da meno.
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