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Le mafie in Emilia Romagna, il brusco risveglio

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Presentato ieri a Bologna il dossier di Libera Informazione

L’Emilia-Romagna e’ la prima regione del nord Italia per sequestri fatti ai boss: i 448 beni sequestrati, dall’agosto 2013 al luglio 2014, rappresentano il 41% del valore totale dell’Italia settentrionale. In tutto il Paese, invece, la regione si posiziona al sesto posto.

“Un dato di per se’ particolarmente significativo – si spiega nel dossier – sulla centralita’ assunta dalla regione nelle strategie affaristiche delle mafie e nelle azioni di contrasto ai patrimoni mafiosi dal parte delle forze dell’ordine”. Confrontando il dato emiliano-romagnolo sui beni sequestrati o confiscati alle mafie con quello delle altre regioni del nord, emerge come siano lontani Veneto (273 beni sequestrati), Lombardia (192), Piemonte (86) e Liguria (68).

E’ quanto emerge dall’edizione 2014-2015 del dossier ‘Mosaico di mafie e antimafia’ realizzato dalla Fondazione Libera Informazione e voluto dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Il documento e’ stato presentato in Regione a pochi giorni dalla manifestazione di Libera in memoria delle vittime di mafia, che sara’ proprio a Bologna, il 21 marzo.

Dal documento emerge che in regione ci sono cinque operazioni anti-droga al giorno (e’ la 4/a regione d’Italia), 312 estorsioni in un anno, 399 episodi di danneggiamento seguiti a incendi e 50 segnalazioni in materia di riciclaggio sulle 161 segnalazioni totali arrivate alla Direzione nazionale antimafia dal luglio 2012 al luglio 2013.

“La politica da un lato e le istituzioni e le associazioni dall’altro facciano fronte comune continuo per educare, informare, fare riflettere. E soprattutto per respingere quel pensiero mafioso che molte volte striscia nelle coscienze di tanti – ha detto il presidente dell’Assemblea legislativa della Regione, Simonetta Saliera – I partiti in particolare devono essere un’anima forte, positiva e di selezione per far si’ che le nostre istituzioni siano pulite e sane. Per fare questo occorre formazione, mettere alla prova e respingere il pensiero mafioso”.

Per Santo Della Volpe, presidente di Libera Informazione e della Federazione nazionale della stampa italiana, l’inchiesta anti ‘Ndrangheta della Dda di Bologna, Aemilia, “e’ stata come un brusco risveglio, ma ci ha fatto pensare a quel ‘Mosaico di mafie ed antimafia’ che da ormai tre anni proponiamo all’attenzione dei cittadini, delle istituzioni e delle associazioni. Negli ultimi due anni abbiamo detto che non sono solo infiltrazioni quelle che vediamo, ma e’ una vera presenza. Bisogna mettere in campo anticorpi di carattere istituzionale e di associazionismo”. Alla presentazione del dossier ha assistito anche il procuratore capo facente funzioni di Modena, Lucia Musti: “La magistratura sta lavorando su questi dati da molto tempo. Sono delle conferme a quello che e’ stato il nostro lavoro”. Per il Pm sono “importantissimi i reati campanello, cioe’ quei reati che non sono di competenza antimafia: parlo ad esempio di esplosioni pericolose o quando vengono rinvenuti bossoli al di fuori di cantieri edili. Questi sono reati che all’inizio sono contro ignoti e spesso rimangono contro ignoti – ha concluso – ma dietro quel bossolo che viene rinvenuto puo’ esserci sicuramente, e spesso c’e’, la mafia”.

Nel 2013 sono stati 312 i reati legati al racket delle estorsioni segnalati dalle forze di polizia, come si legge nel Dossier. Dal 2009 al 2013 il numero è altalenante ma comunque in crescita: “resta dunque immutato l’interesse dei clan ad infiltrarsi nell’economia legale dell’Emilia-Romagna, utilizzando il cavallo di Troia del racket delle estorsioni”. Bologna (con 94 denunce) è la provincia dove si registra il maggior numero di estorsioni; la media delle altre provincie è di 40 denunce a parte Piacenza con 20 e Ferrara con 15. In crescita anche i “reati spia”, tra danneggiamenti e minacce: nel 2010 si registrarono 343 episodi, saliti a 423 nel 2011, diventati 399 nel 2012. La maggior parte delle denunce per danneggiamenti seguiti a incendio provengono dalla provincia di Bologna (109), seguita da quella di Reggio Emilia (61). Il numero di denunce delle forze dell’ordine per estorsione (391) è abbastanza simile a quello per danneggiamenti seguiti da incendio (399).
Pur se inferiori rispetto a quelle per estorsioni, le denunce per attività usuraie in Emilia-Romagna non sono da sottovalutare secondo il Dossierdi Libera Informazione. Negli ultimi cinque anni il numero è passato dai 17 del 2009 ai 50 del 2013, anno in cui, nel primo semestre, l’Emilia-Romagna è risultata la seconda regione per numero di fatti di reato segnalati, subito dopo la Sicilia (44).

Il dossier di Libera Informazione dedica una parte all’inchiesta Aemilia con una sintesi dell’ordinanza della Dda di Bologna.

“Dal 28 gennaio 2015 – ha dichiarato Lorenzo Frigerio coordinatore di Libera Informazione – sono venuti meno tutti gli alibi, per quanti hanno fatto finta fino di non vedere quello che stava accadendo in regione; la cittadinanza e le istituzioni sono state messe di fronte allo svelamento plateale di quello che era rimasta per troppo tempo una verità talmente scomoda da incentivarne la rimozione: le mafie, nel caso particolare la ‘ndrangheta, in Emilia-Romagna c’erano e non da poco tempo e si erano insediate, indisturbate, nel cortile di casa, proprio dove si era sempre negato che fossero”.

“L’associazione ‘ndranghetista finita sotto i riflettori degli inquirenti – ha continuato Frigerio – si era insediata da tempo a Reggio Emilia, a ragion veduta il vero epicentro di un altro terremoto, questa volta giudiziario che, dopo il sisma del 2012, ha portato alla luce le crepe che abbiamo battezzato come i segnali di una presenza criminale soffocante. L’inchiesta Aemilia ha consentito di ricostruire le origini, le vicende e le attività illecite dell’organizzazione, il cui epicentro dirigenziale e affaristico è stato identificato in quel di Reggio Emilia e la cui operatività si estendeva però anche a Parma, Modena e Piacenza, con diverse scorrerie criminali nel territorio delle regioni limitrofe”.

L’inchiesta Aemilia evidenzia il salto di qualità della ‘ndrangheta che è potuta prosperare nel territorio emiliano, grazie alle collusioni con politici, imprenditori, giornalisti, professionisti che hanno stretto veri e propri patti di collaborazione con l’associazione mafiosa, finendo per prestare un contributo decisivo.

Da liberainformazione.org


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