La testata inglese «The Guardian» ha lanciato il 25 marzo uno speciale sull’immigrazione.
Una ricca offerta di articoli, opinioni, storie per “aiutare a rompere i tabu” sul tema. L’editorialista, Jonathan Freedland, executive editor, chiarisce l’intento del quotidiano: la scelta insolita di scegliere un unico tema di approfondimento nasce dalla consapevolezza che non è vero che di immigrazione non si è mai parlato, ma che al contrario se ne è parlato fin troppo. «The problem is the way we talk about it». Per almeno una generazione, sostiene Freedland, si è discusso su ciò che l’immigrazione «faceva per noi e a noi». Gli oppositori dicono che i migranti sono un costo insostenibile per l’economia mentre i difensori dicono che portano prosperità e ricchezza culturale al paese.
Con lo speciale il Guardian ha voluto una “nuova luce”, nuove prospettive, a partire dalle 100 storie che sono state raccolte su coloro che sono migrati in Gran Bretagna.
Oltre alle varie storie “normali” o di successo, come quella del magnate George Soros, lo speciale offre un corollario di posizioni, come quelle dell’ex direttore del Sun Kelvin MacKenzie che si scopre un appassionato pro-immigrazione e dell’attrice e scrittrice Meera Syal che ricorda la sua infanzia in Inghilterra come figlia di immigrati.
Spazio anche al dibattito politico, ma con uno sguardo al passato e alle scelte dei Labour in primis. Ecco allora la vera storia di come il partito progressista ha aperto le porte della Gran Bretagna ai nuovi arrivati dall’Europa orientale e il mea culpa dell’ex ministro degli Interni David Blunkett sulle politiche del Labour Party, fino all’opinione dell’economista Paul Ormerod che afferma che la sinistra ha sbagliato sull’immigrazione.