La scelta iconoclasta [dal greco εἰκόν – eikón, “immagine” e κλάζω – klázo, “distruggo” – distruttore di immagini -],quel rifiuto della produzione e del culto delle immagini religiose figurative, prediletta dai regimi totalitaristi e oscurantisti, è in scena a Mosul, città dell’Iraq settentrionale.
In un video di propaganda di cinque minuti, diffuso attraverso un account Twitter usato dal Califfato, compare la barbarie dei miliziani dell’Isis, mentre armati di ascia, martello e piccone polverizzano le sculture millenarie – patrimonio archeologico di Ninive l’antica capitale dell’impero assiro- conservate nel museo della città di Mosul, caduta da alcuni mesi nelle mani dei jihadisti. Immagini terribili, che riportano alla mente quelle in cui i telebani nel 2001 fecero esplodere i grandi Buddha scolpiti nella roccia della valle di Bamiyan, in Afghanistan.
Le devastazioni vengono confermate da diversi esperti, anche se secondo alcune fonti, tra le opere andate perdute vi sarebbero delle copie in gesso mentre gli originali sono custoditi per sicurezza al Museo nazionale iracheno di Baghdad o all’estero.
L’Unesco ha condannato con forza l’ennesimo scempio della furia jihadista a Mosul, teatro solo pochi mesi fa della distruzione di migliaia di manoscritti e documenti di grande rilevanza storica, gettati nei roghi perché considerati testi infedeli dai fondamentalisti islamici: “Questa tragedia non ha solo una valenza culturale ma anche di sicurezza, in quanto eccita il settarismo, l’estremismo violento e il conflitto in Iraq” ha così descritto la situazione la direttrice dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, Irina Bokova.
L’iconoclastia, l’impossibilità di rappresentare il divino, si è manifestata sin dall’antichità, vissuta come una vera eresia da condannare, a Bisanzio nel 726 con l’editto di Leone III Isaurico. Particolarmente cruento fu poi il Beeldenstorm, ondata iconoclasta del XVI secolo nei Paesi Bassi con Calvino e la riforma protestante. I recenti avvenimenti, legati al fondamentalismo islamico alimentano un nuovo furore iconoclastico che preoccupa e lascia sgomenti.