“La verità illumina la giustizia”: questo il titolo scelto da Libera per la XX giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che si svolgerà a Bologna sabato 21 marzo. Una scelta non casuale. Bologna è una città insignita di due medaglie d’oro. La prima per il contributo alla Resistenza al nazi-fascismo, la seconda al valore civile per la reazione dopo l’attentato terroristico del 2 agosto 1980, che causò 85 morti. Due simboli concreti di un forte impegno civico per la libertà e la democrazia. Dal palco dove si concluderà la manifestazione, in piazza VIII Agosto, verranno letti oltre 800 nomi di vittime innocenti delle mafie, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perché, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere.
Ma quest’anno verranno ricordate, insieme alle associazioni dei familiari, le vittime della strage del 2 agosto della Stazione di Bologna e della strage di Ustica, per le quali ricorre il 35esimo anniversario. Vittime innocenti delle mafie e vittime delle stragi legate, oltre che dal ricordo e dall’impegno di tutti, dalla domanda di verità e giustizia che si alza forte ogni anno da parte dei loro familiari. Ancora oggi, infatti, per il 70% delle vittime innocenti di mafie non è stata fatta verità e, quindi, giustizia. E lo stesso diritto alla verità è negato ai familiari di chi ha perso la vita nelle stragi. Ma l’Emilia-Romagna e’ anche la prima regione del nord Italia per sequestri fatti ai boss: 448 i beni sequestrati, dall’agosto 2013 al luglio 2014, rappresentano il 41% del valore totale dell’Italia settentrionale.“Un dato di per se’ particolarmente significativo – si spiega nel dossier di Libera Informazione “Mosaico di mafie e antimafia” presentato in questi giorni – sulla centralita’ assunta dalla regione nelle strategie affaristiche delle mafie e nelle azioni di contrasto ai patrimoni mafiosi dal parte delle forze dell’ordine.
Dal documento emerge che in regione ci sono cinque operazioni anti-droga al giorno (e’ la 4/a regione d’Italia), 312 estorsioni in un anno, 399 episodi di danneggiamento seguiti a incendi e 50 segnalazioni in materia di riciclaggio sulle 161 segnalazioni totali arrivate alla Direzione nazionale antimafia dal luglio 2012 al luglio 2013. L’inchiesta anti ‘Ndrangheta della Dda di Bologna Aemilia e’ stata come un brusco risveglio, non ci sono solo infiltrazioni ma una diffusa presenza mafiosa che fa affari con l’imprenditoria locale spesso nella prospettiva di una convenienza reciproca. L’inchiesta Aemilia evidenzia il salto di qualità della ‘ndrangheta che prospera nel territorio emiliano grazie alle collusioni con politici, imprenditori, giornalisti, professionisti che hanno stretto veri e propri patti di collaborazione con l’associazione mafiosa, finendo per prestare un contributo decisivo.
“Abbandonare le parole per passare ai fatti”, è l’appello che il fondatore di Libera Don Luigi Ciotti ha rivolto al governo durante un incontro su “Mafie e mafiosità” a cui ha partecipato anche il procuratore capo della Dda di Bologna Roberto Alfonso. “L’emendamento sul falso in bilancio o la legge anticorruzione incontrano tanti ostacoli, mentre la normativa che riguarda la responsabilità civile dei magistrati è passata di corsa. Come mai?”, si è chiesto Don Ciotti. “ La corruzione è l’altra faccia della medaglia rispetto alla mafia, e se vogliamo combattere dobbiamo smettere di nasconderci dietro ai protocolli, alla parola antimafia, spesso svuotata di significato, e al concetto di etica”. “La normativa non danneggia tanto i magistrati, che già oggi pagano di tasca propria un’assicurazione che li tuteli, ma può condizionare il giudizio del giudice, ha detto il procuratore Roberto Alfonso. Inoltre, in ogni procedimento, civile o penale, la parte che perde potrebbe decidere di fare causa al giudice, con il rischio di trovarci tanti contenziosi quanti sono i processi.
Le priorità sono altre: rivedere le norme che regolano i beni confiscati alle mafie, oggi ridestinati con enormi ritardi, modificare la prescrizione, che in alcuni casi, complice la mancanza di risorse che affligge il sistema giustizia, umane e finanziarie, blocca i processi ancor prima che inizino, e ancora una legge sulla corruzione. Invece si è deciso di smantellare i vertici della magistratura attraverso la riforma della Pubblica Amministrazione, che anticipando l’età pensionabile dei magistrati, da 75 a 70 anni, entro fine anno manderà a casa 700 capi di uffici, tra cui presidenti di tribunale, procuratori e giudici della Cassazione. Quando arrivai a Bologna nel dicembre del 2009 – ricorda Alfonso – iniziai subito a denunciare il radicamento di una presenza mafiosa nel territorio emiliano romagnolo, ma venni etichettato come un visionario. Oggi l’inchiesta Aemilia ha dimostrato che la criminalità organizzata al Nord di stampo ‘ndranghetistico è una realtà, e chi mi chiamava visionario si appunta la medaglietta dell’antimafia al petto nella speranza di adeguarsi ai tempi. Ma l’antimafia non è solo partecipare a convegni, è un modo di vivere. In Emilia Romagna non c’è il controllo armato del territorio come avviene al Sud, mancano gli orpelli, si segue il denaro, ma serve una vigilanza costante e capillare”.
Per contrastare efficacemente le organizzazioni criminali, per il numero uno della Dda bolognese è necessario “recuperare ciò che negli anni di crisi è andato perduto: diritti, dignità e libertà. Le alte percentuali di astensionismo registrate alle ultime elezioni”, cioè le regionali del 2014, continua Alfonso, “dimostrano che i cittadini hanno capito che chi li rappresenta non ha avuto come obiettivo il bene comune, ma il proprio interesse particolare, la gestione illecita del potere, l’arricchimento. La fiducia è stata tradita, e le istituzioni o la recuperano, o si crea insicurezza, paura. Il che porta ad altra illegalità”.