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De Benedetti, una carriera tra luci ed ombre

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Di C. Alessandro Mauceri

ROMA – Nei giorni scorsi il tribunale di Milano ha dato via libera al riassetto di Sorgenia e all’accordo con le banche: numerosi istituti finanziari si faranno carico di una parte dei debiti dell’azienda (che avevano raggiunto cifre spaventose a nove zeri) e parteciperanno al capitale sociale dell’azienda.

Una soluzione che non è certo un successo per gli istituti di credito: Mps, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Bpm e Banco Popolare e altre (sono in tutto ventuno le banche creditrici)  in questo modo diventano comproprietarie di un’azienda che non gode certo di ottima salute: solo poche settimane fa, il Sole24ore, parlando di Sorgenia ha detto: “Il peccato originale per Sorgenia data da molti anni ed è stato tanto debito, poco capitale e redditività decrescente. Un mix velenosissimo. Già nel 2009, il debito superava di 10 volte il margine lordo”.

Debiti che, come sempre (pare essere diventato il leit motif per tutti i grandi progetti gestiti da De Benedetti), non saranno pagati dalla dirigenza, ma da qualcun altro. Qualcuno che, per farlo, molto probabilmente dovrà attingere ai soldi dei risparmiatori o dovrà ricorrere agli aiuti di Stato (si pensi a ciò che è successo con il Mps o agli aiuti ricevuti recentemente da Unicredit) o alle garanzie di Bankitalia. L’accordo siglato nei giorni scorsi, infatti, ha visto coinvolte anche alcune banche considerate “a rischio” dopo lo Stress Test dei mesi scorsi voluto dalla BCE.

Ma non sono solo le banche ad aver aiutato De Benedetti. Nel 2003 il governo Berlusconi introdusse lo strumento del «capacity payment»: un incentivo pubblico concesso alle aziende che utilizzavano centrali elettriche “tradizionali”, per compensare le perdite economiche derivanti dal boom delle energie rinnovabili. In poche parole, lo Stato compensa le perdite dei proprietari di impianti termoelettrici obsoleti anche quando sono spenti. Aiuti che finiscono nelle casse di aziende come Sorgenia (che, infatti, è tra le maggiori beneficiarie). Aiuti cheproprio durante il governo del “nuovo che avanza”, sono aumentati: lo scorso giugno, il governo ha deciso di aumentare il capacity payment.

In Italia, grazie ai soldi dei cittadini, sono stati concessi aiuti alle banche (anche quando erano in a rischio chiusura), ma anche ad aziende a rischio fallimento. Aziende che, poi, hanno ceduto parte delle proprie azioni proprio alle banche che avevano ricevuto aiuti dallo Stato.

Aziende come la centrale elettrica a carbone di Vado Ligure partecipata tramite Tirreno Power, la cui perdita è stata di 384,4 milioni di Euro in poco  più di un anno (2013/2014) e i cui bilanci presentano un debito di 894 milioni.

Intrecci tra aziende, banche e pubblica amministrazione hanno caratterizzato, nel bene e nel male, tutta la vita dell’ingegnere. E a volte sono finiti nel mirino della magistratura.

Come nel 1981. De Benedetti fu nominato vicepresidente del Banco Ambrosiano, allora guidato da Roberto Calvi. Dopo soli due mesi lasciò l’istituto che era quasi sull’orlo del fallimento. Accusato di essere responsabile di plusvalenze per 40 miliardi di lire, finì sotto processo (l’accusa era di concorso in bancarotta fraudolenta). Venne condannato in primo grado e in appello, ma la Cassazione annullò tutto.

Anche durante Mani Pulite, il maxiprocesso che, secondo molti ha segnato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica ebbe un ruolo da protagonista: nel 1993, De Benedetti presentò ai magistrati un memoriale su “tangentopoli” (il giro di tangenti e mazzette con cui veniva gestita l’Italia) in cui si assumeva la responsabilità di varie “vicende” e ammise di aver pagato tangenti per 10 miliardi di lire a diversi partiti per ottenere commesse presso le Poste Italiane. Fu arrestato, ma liberato lo stesso giorno: alla fine fu assolto da alcune accuse, le altre caddero in proscrizione.

Una carriera con luci ed ombre, quella dell’ingegnere; ombre che non gli hanno impedito di ricevere numerosi riconoscimenti importanti. Come l’ultimo: nei giorni scorsi, Catherine Colonna, ambasciatrice di Francia in Italia, ha insignito l’ingegnere De Benedetti del titolo di ‘Commandeur de la Légion d’Honneur’. Nel discorso durante la cerimonia di consegna, l’ambasciatriceha sottolineato alcune tappe che hanno caratterizzato la vita di De Benedetti che, ad esempio, ha “trasformato la fabbrica Olivetti, allora in crisi, nella società più competitiva d’Europa”. L’ambasciatrice ha dimenticato di dire che, quando De Benedetti lasciò Olivetti, dopo poco più di un decennio di gestione, l’azienda era in crisi profonda: le azioni erano crollate da 21mila l’una a 600 lire e migliaia di lavoratori avevano perso il posto di lavoro. Gravi furono le conseguenze per tutto il distretto produttivo del Canavese che subì gravi danni.

Ma non basta. Il nome di De Benedetti è legato all’Olivetti anche per un’altra vicenda. A dicembre dello scorso anno, la procura di Ivrea ha chiesto il rinvio a giudizio di 33 dei 39 indagati nell’inchiesta sulle morti per amianto alla Olivetti. Pesanti le accuse: si va dalle lesioni all’omicidio colposo causato dalle malattie, di sospetta origine professionale, che colpirono una quindicina di lavoratori. Tra i destinatari del provvedimento, firmato dai pm Laura Longo e Lorenzo Boscagli, anche Carlo De Benedetti che, ai tempi, era amministratore delegato e presidente dell’Olivetti….

Questo, però, l’ambasciatrice francese nel conferire il titolo all’ingegnere, si è guardata bene dal dirlo…

Da dazebao.it


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