Per alcuni libri può valere quello che si dice dei vini più pregiati, cioè che, con il passare del tempo, siano destinati a migliorare. Capita, raramente, ma capita. In Italia si legge davvero poco e il mercato editoriale della saggistica è preda di un furioso turbinio di titoli che spesso non lasciano traccia alcuna del loro passaggio. Negli ultimi decenni di mafia e antimafia si è scritto molto e letto altrettanto ma questo non ha giovato alla migliore comprensione dei fenomeni criminali.
Non è il caso di “Dalla parte sbagliata”, un libro che a quasi un anno dalla sua uscita continua a far discutere, perché suscita domande e dubbi su uno dei misteri d’Italia ancora oggi irrisolti: la strage di via D’Amelio, in quel 19 luglio del 1992, quando a saltare per aria furono Paolo Borsellino e cinque agenti della Polizia di Stato: Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Agostino Catalano e Vincenzo Li Muli.
Da allora sono passati quasi ventitré anni, si sono celebrati quattordici processi, compresi i quattro davanti alla Corte di Cassazione e ne sappiamo ancor meno di prima, da quando il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza autoaccusandosi ha stravolto le acquisizioni consolidatesi nel lungo iter processuale e nelle sentenze delle diverse corti che si sono occupati della strage palermitana. La piena confessione dell’ex killer di Brancaccio ha spazzato via la tormentata collaborazione con la giustizia di Vincenzo Scarantino, picciotto della Guadagna, messo sotto torchio dagli uomini del questore Arnaldo La Barbera e portato a innalzare un castello accusatorio, ora crollato sotto i colpi della ricostruzione offerta da Spatuzza.
Ci sono ancora troppi interrogativi che necessitano di una risposta e il libro scritto a quattro mani dalla giornalista Dina Lauricella e dall’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di alcuni boss di Cosa Nostra e portata per ragioni professionali a leggere le carte stando “dalla parte sbagliata”, offre un contributo serio e documentato alla riflessione.
Una riflessione che parte da una seria autocritica che riguarda il mondo dell’informazione che si è occupato delle vicende processuali legate alla morte di Paolo Borsellino senza la necessaria costanza. Una riflessione che riguarda anche le istituzioni dello Stato, chiamate a spiegare come possa essere accaduta una vicenda come quella di Scarantino e come possa essere consentito a uomini che indossano una divisa di avvalersi della facoltà di non rispondere, per evitare di fornire spiegazioni ai depistaggi che in qualche modo hanno avvallato.
Ancora oggi, nel silenzio pressoché totale dei media e nell’assoluta ignoranza della pubblica opinione, si sta celebrando un nuovo processo, il “Borsellino quater”, apertosi a Caltanissetta nel 2013. Da quel processo ci si aspetta di capire la dinamica dell’attentato dinamitardo, le ragioni dell’inquinamento della scena del crimine fin dai primi minuti; da quel processo è legittimo attendersi un chiarimento della posizione degli uomini del gruppo “Falcone-Borsellino” che gestirono, sotto la guida di Arnaldo La Barbera, il finto pentimento di Scarantino.
Il “Borsellino quater” è destinato ad aprire anche nuovi squarci di verità sulla trattativa tra Stato e mafia, perché è chiaro ormai che Borsellino non fu ucciso dalla mafia solo per motivi di vendetta, ma anche per prevenire eventuali sue azioni. La stessa logica preventiva che animò anche quanti, fuori da Cosa Nostra, avevano interesse che l’amico e collega di Giovanni Falcone non fosse in grado di fare passi avanti con le sue indagini.
Lucia Borsellino, una delle figlie del magistrato ucciso in via D’Amelio, nell’epigrafe che apre il libro, scrive queste parole: “Stare dalla parte giusta significa riconoscere gli errori, cercare umilmente la verità e volerla con coraggio. Significa rinunciare anche a false e più comode ricostruzioni della storia edificate ad arte che alludono a effimeri successi e allontanano dalla verità, rendendone più arduo e faticoso il raggiungimento. Potrò non vederla la verità ma ne pretendo la ricerca, per dare un senso alla vita di chi è morto per questo”.
Ecco per raggiungere la verità su via D’Amelio bisogna avere il coraggio di fare piazza pulita di quanto abbiamo scoperto fino ad oggi e che ha inquinato la storia del Paese, per aprirci alla possibilità di capire quanto di sconvolgente si nasconda dietro la strage di via D’Amelio.
Per raggiungere la verità, bisogna avere la forza di stare anche “dalla parte sbagliata”.
DALLA PARTE SBAGLIATA
La morte di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D’Amelio
di Rosalba Di Gregorio, Dina Lauricella
Insieme alle autrici intervengono Peter Gomez, Paolo Mieli
Martedì 31 marzo, ore 18.00 – Libreria Hoepli – Via Hoepli 5 – Milano