“Peppino è vivo e lotta insieme a noi!”. Questo gridavano gli studenti delle scuole catanesi sotto la lapide di un altro Giuseppe. Poi un ragazzo, sempre là, ha incominciato a recitare il famoso editoriale del 1981:” Io ho un concetto etico del giornalismo…”
Di
Quelle e quell’articolo dimostrano come quest’uomo, questo giornalista, dopo trentun anni si trova accanto i nuovi “carusi” pronti a lottare per un giornalismo di verità.
Questo è accaduto ieri, il 24 marzo, in occasione della “giornata della memoria per le vittime innocenti della mafia“, alla manifestazione organizzata da Libera Catania.
Dalla villa Bellini ai murales fatti da Addiopizzo Catania sulle mura del carcere di piazza Lanza alla lapide che ricorda l’uccisione, da parte del potere mafioso, di Giuseppe Fava, fino al cortile del tribunale dei minori dove operò per tanti anni il presidente Gianbatista Scidà.
L’ingiustizia sociale genera microcriminalità, forze per la manovalanza mafiosa: lo dichiarava, nei suoi rapporti annuali, Titta Scidà. Rapporti mai ascoltati dalle istituzioni, sempre assenti da quei quartieri dove l’oppressione mafiosa esiste, con più forza, ancora oggi.
Bambini delle scuole elementari, ragazzi e ragazze delle medie inferiori e superiori hanno sfilato per le vie di Catania leggendo i nomi delle vittime innocenti delle mafie, insieme ai parenti di quelle vittime, insieme al procuratore Giovanni Salvi e alle istituzioni cittadine.
Ma al Comune, che ieri era rappresentato dal Sindaco Bianco, bisogna ricordare che non basta presenziare a quest’importante manifestazione. Ci vuole di più per combattere mafia e corruzione a Catania, ad esempio liberare i beni confiscati alla mafia per consegnarli a quelle organizzazioni sociali che li renderebbero fonte di lavoro e di buona democrazia.
Ma qualcosa ha reso amara questa bellissima giornata di grande partecipazione civile e democratica. Quasi contemporaneamente, nella stessa città, nei palazzi della “cultura”, parte dell’Università lasciava dire che “Non c’entra la mafia” con l’omicidio di Giuseppe Fava: parole di un sedicente mafioso in una sedicente intervista di un discutibile libro. Del libro s’è dottamente discusso, alla presenza di un gran politico – Musumeci – che “la vera lotta alla mafia” (ha sostenuto commosso) l’ha fatta il duce: “quando c’era lui!”. Non sapendo (e dire che presiede la commissione antimafia dei politici siciliani) che il duce, quando il prefetto Mori cominciò a indagare anche i mafiosi “perbene”, lo trasferì su due piedi all’altro capo d’Italia.
E’ triste, ma dopo trent’anni la mafia esiste ancora e lotta contro di noi. Dopo trent’anni, ancora uccide libertà e democrazia. Nel silenzio, o peggio, degli intellettuali.