Qualcuno avrà forse notato alcune caratteristiche che si ripetono sempre in quella che a ragione Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale contro la corruzione ha chiamato il “male italiano” e che si potrebbe anche definire come l’invincibile tentazione di chi ha a che fare, governando, con i beni pubblici, ad approfittarne e magari in parte ad impossessarsene.
Una costante è quella di far partecipare magari in posizione parziale e subalterna qualche proprio parente alla combinazione. La seconda è quella di usare i propri poteri in maniera distorta per poter commettere quello che i giudici definiscono il reato. La terza è negli ultimi anni di gran lunga la più allarmante, è l’accordo con pezzi delle associazioni mafiose che dovunque (ma in certe zone in particolare e qui stiamo parlando della Campania una volta felix (ma quando?).
Ecco tre caratteristiche, per fermarci soltanto alle principali, che fanno del nostro un Paese eccezionale sulla superficie mondiale e planetaria e non attraggono certi quelli che vorrebbero venire ad investire i loro capitali pensando di poterne ricavare una giusta mercede. Ma è quello che è successo nelle scorse ore con le nove ordinanze cautelari chieste dal pubblico ministero napoletano Henry John Woodcock e firmate dal Gip Amelia Primavera che hanno colpito i vertici della Cooperativa Concordia, la cooperativa emiliana del settore energia e gas. L’accusa dei magistrati è di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, corruzione e corruzione internazionale. Sono finite in carcere otto persone oltre a Roberto Casari, che era stato per quarant’anni in pensione ed era andato in pensione da qualche mese, tra i quali Giuseppe Ferrandino, detto Giosi, sindaco di Ischia e primo dei non eletti nelle liste del Partito Democratico nelle ultime elezioni europee, Nicola Verrini, direttore commerciale della cooperativa emiliana e Francesco Simone, consulente della Concordia.
Un funzionario del comune di Ischia è finito agli arresti domiciliari mentre altre due persone sono state raggiunte da un provvedimento di residenza obbligatoria. Custodia in carcere anche per Maurizio Rinaldi, presidente del consiglio di amministrazione della Concordia. Nell’inchiesta si insiste sul rapporto tra gli amministratori della Concordia ed esponenti della criminalità organizzata casertana (leggi camorra) e con gli amministratori legali di quegli ambienti criminali. Le indagini hanno riguardato la metanizzazione del l’isola di Ischia. Secondo l’accusa, la cooperativa avrebbe firmato un contratto con l’albergo della famiglia di Ferrandino e avrebbe assunto come consulente il fratello del sindaco ricevendo in cambio l’affidamento dei lavori per la metanizzazione dell’isola.
Inoltre sarebbe emerso uno schema utilizzato dalla cooperativa per accumulare riserve di fondi neri attraverso società e banche tunisine e queste sarebbero servite a pagare tangenti. Appare centrale nella vicenda del consulente Francesco Simone, ex socialista e molti anni fa vicino alla famiglia Craxi e si sarebbe ora rivelato un vero e proprio procacciatore di affari alla Cooperativa gestendo il flusso di fondi neri dalla Tunisia. Ci troviamo insomma ancora una volta di fronte a quel modello di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo e che sembra caratterizzare in maniera puntuale gli episodi più significativi di questa infinita catena di politica, affari e tangenti che ancora una volta rischia di accompagnare, in maniera monotona, il dipanarsi delle nostre vicende politiche ed economiche.