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Ballo senza Lupi. Caffè del 20

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“Lupi l’addio in Tv”, titola Repubblica e aggiunge: ”Ma il premier non mi ha difeso”. “Eseguita la sentenza di Renzi”, sostiene il Giornale. “Scaricato da Renzi e Alfano”, aggiunge il Fatto, “Lupi va da Vespa e si dimette”. “Per tutelare la mia famiglia”, secondo il Corriere. “Me ne vado ma lasciate in pace la mia famiglia”, fa eco la Stampa.

Ho intervistato più volte Maurizio Lupi quando lavoravo per Rainews24. Riocordo un cattolico, di Comunione e Liberazione, che dialogava con gente del Pd  (integruppo per la susidarietà) e cercava di uscire dall’orbita del “Faraone”, Formigoni. Il governo delle “larghe intese” lo proiettò sul proscenio: servivano berlusconiani distanti da Berlusconi, dai suoi trionfi e dalle marachelle. Poi, da senatore-giornalista , mi sono chiesto che senso avessero certe liberalizzazioni pelose, le offerte ai signori del mattone, le aperture ai petrolieri. Fatto e M5S parlavano del sistema di potere Lupi.  A me parevano disgraziate misure ideologiche ma senza grande effetto immediato. Regali au cas ou, di quelli che piacciono agli addetti stampa più che ai padroni che badano al sodo. Dicono di Incalza che avrebbe una “personalità magnetica”. Forse era lui il ministro.

E Renzi si è rafforzato, con le dimissioni? Sì, si è tolto un’intralcio dai binari, ha mostrato il bluff dell’NCD, ora potrà  vendere meglio la legge contro la corruzione e, prima o poi, trasformerà Gratteri nel Di Pietro del suo “cambia verso”. Però questa storia mostra svela la solitudine del Premier. Berlusconi che fa l’offeso, Alfano scampato al naufragio del suo partito, Mogherini dispersa in Europa, Del Rio sempre più nero, Faraone che ha fallito sulla scuola, De Luca candidato di prepotenza in Campania, in Veneto ladylike in astinenza televisiva. A parte Boschi, che forse pensa al (suo) futuro, che resta del renzismo se non Renzi?

L’uomo lavora molto, controlla, corregge il tiro senza umiliare chi l’ha deluso, manda tweet a tutti, tiene le fila. Si può governare a lungo,così, un paese difficile come l’Italia? Non lo so. Intanto al renziano sopravvissuto non resta che “bruciare” qualche intenzione di renzi prima che lui stesso non la rifili agli amati “retroscenisti”. Così la Pinotti, ex corazziera che ora ama il décolleté, fa capire che a Marina e l’Aviazione l’intervento in Libia a guida italiana sarà affidato alla Marina proveranno a costruire una sorta di cordone intorno alla Libia. Se Obama dirà sì e l’Onu darà il placet. Intanto la corte pro Bush che Paolo Mieli volle al Corriere, prova a rialzare la testa. Pierluigi Battista: “Ma l’occidente non ha colpe”. Ernesto Galli della Loggia: “Noi assediati e troppo timidi”. Per loro, la vignetta di Altan: “Dobbiano capire le ragioni profonde di ciò che accade”. “OK, meniamo le mani”. Se fossi Renzi, andrei subito a Tunisi, parteciperei a una manifestazione per la democrazia lungo l’avenue Bourguiba, poi firmerei  un accordo per la costruzione di infrastrutture, uno per la cooperazione culturale e turistica, un terzo sull’immigrazione. Ma non sono Renzi.

Meno male: Angela glielo ha fatto vedere ad Alexis chi comanda in Europa:  “nessuna soluzione politica, rispettate gli accordi”! Così il laccio si stringerà al collo di Tsipras, di Varoufakis e del governo greco che presto non potrà più pagare stipendi e pensioni. Spero per loro che abbiano un piano B. gli amici di Syriza.  Fuori dall’euro, con protezione russa o cinese? Per chi, come me, ripone nell’Europa le  speranze per la sinistra, sarebbe una sconfitta. Però i Greci devono pur reagire a questo sordido: “a me che importa?”

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