I farmaci con ricetta di fascia C sono definiti “per patologie di lieve entità o considerate minori” quindi non essenziali o salvavita. Per la serie: “schiatti dopo, ma prima devi soffrire”. Tutti i cittadini li assumono perché indispensabili ad alleviare sofferenze, ma anche per prevenire diagnosi ben più severe se trascurate e perciò non c’è medico che possa sostituirli con prodotti di fascia A o rifiutarsi di prescriverli. Fino al 2000, infatti, il SSN li definiva farmaci di rilevante interesse terapeutico diversi da quelli in classe A ed erano collocati in categoria B mutuabile, che però è stata soppressa. Costano cari. Il medico può indicare il principio attivo meno costoso, ma sempre a (elevato) carico del cittadino. Da qui la necessità dei consumatori (ammalati) di ottenere il libero mercato anche per la fascia C, così com’è stato fatto per i farmaci da banco finalmente liberalizzati in parafarmacia (Bersani), dopo decenni di lotta contro la casta del caduceo.
Ma che lavoro (job) è invece stato portato a termine dal millepiedi milleproroghe millederoghe anti-monopolio (antitrust)? Un job di governo che rifiuta alla fascia C d’essere, pur con ricetta, sul libero mercato. Così saranno solo le farmacie a goderne appieno con il loro dio monopolio.
E non possiamo manco augurar loro -tanto siamo arrabbiati- che quei guadagni vadano tutti in medicine! Ci tireremmo la zappa sui piedi e per giunta le pomate antinfiammatorie stanno tutte in fascia C.