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Ucraina, quando i crimini di guerra tornano in Europa

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In meno di un anno, il conflitto iniziato nell’Ucraina orientale nell’aprile 2014 ha provocato oltre 5100 morti e costretto alla fuga più di 900.000 persone. Tra affannosi e per il momento sterili tentativi di arrivare a un cessate il fuoco serio e duraturo (non potendo considerare tale quello “in vigore” da settembre), le ultime settimane sono state di una violenza feroce.
Una ricercatrice di Amnesty International ha trascorso la fine di gennaio e l’inizio di febbraio nell’est dell’Ucraina, raccogliendo drammatiche prove sulle uccisioni e i ferimenti di civili causati da entrambe le parti coinvolte nel sanguinoso conflitto in corso nelle città di Donetsk e Debaltseve.

Prove raccolte sul posto, immediatamente dopo i bombardamenti, attraverso interviste ai testimoni e ai feriti ricoverati in ospedale. Prove riguardanti attacchi contro i mercati, le file di persone in attesa di ricevere aiuti umanitari a Donetsk così come contro abitazioni private e strade di Debaltseve.
Le popolazioni di questi due centri, il primo controllato dai gruppi separatisti filorussi e il secondo dall’esercito di Kiev, sono alla fame. Molti abitanti delle zone al centro dei combattimenti passano la notte nelle cantine o in altri rifugi sotterranei, in alcuni casi senza acqua potabile né cibo o medicinali sufficienti.

Quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della fine della guerra dei Balcani: quasi quattro anni di crimini di guerra e contro l’umanità culminati nel genocidio di Srebrenica del luglio 1995.
In Europa, a 20 anni di distanza, si tornano a compiere crimini di guerra, inevitabili quando si usano armi imprecise come razzi e mortai per colpire zone densamente popolate o quando in mezzo alla gente si collocano le proprie munizioni.

Le dichiarazioni dei leader della comunità internazionale sono piene di riferimenti alla necessità urgente che si ponga fine ai combattimenti. È giusto che sia così.
Ma per evitare un lascito di odio tra le varie comunità, alimentato dall’assenza di giustizia, occorre che l’auspicato dopoguerra ucraino non sia come quello balcanico. Chi ha ordinato, commesso o non impedito crimini di guerra dovrà essere chiamato a rispondere di fronte alla giustizia internazionale.


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