La Corte di Cassazione ha emesso dispositivo e motivazioni in una causa di lavoro che in realtà è stato un processo al monopolio dei mezzi di informazione in Sicilia e segnatamente a Catania. Non si è trattato solo di una banale causa di lavoro. Al centro vi era quella che è stata definita una vera e propria pulizia etnica all’interno della storica redazione di Telecolor, quella che fu forse la più importante rete televisiva siciliane sicuramente tra le più importanti d’Italia. Nel 2006 l’editore, oggi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, Mario Ciancio Sanfilippo decise il licenziamento di sei giornalisti storici (Alfio Sciacca, Fabio Albanese, Nicola Savoca, Katia Scapellato, Valter Rizzo e Giuseppe La Venia). Il licenziamento, oggi giudicato definitivamente illegittimo dai giudici, avvenne nonostante la Redazione avesse proposto un piano di risparmio coincidente con le richieste di Ciancio. Oltre al risparmio Ciancio pretendeva infatti che i giornalisti accettassero la presenza di una redazione parallela che non rispondeva al direttore di testata, bensì direttamente alla figlia dell’editore. Insomma la “proposta indecente” era quella di scambiare il posto di lavoro, lo stipendio, con un bavaglio. “Proposta indecente” che venne rifiutata dai giornalisti.
La vicenda finì anche in Parlamento dove il Governo certificò che l’accordo economico era già raggiunto e che la rottura era avvenuta su un tema ben diverso. Di fronte ai licenziamenti il direttore Nino Milazzo si dimise per non avallarli. Avallo che arrivò invece puntualmente da parte di una giornalista dell’emittente, Michela Giuffrida che assunse la direzione della testata sostituendo Milazzo. Dopo la direzione di Telecolor e di Antenna Sicilia, altra emittente di Ciancio, Michela Giuffrida sarà eletta al Parlamento europeo nelle liste del Partito Democratico, su indicazione di un gruppo politico vicino a personaggi a già legati all’ex governatore condannato per mafia, Raffaele Lombardo.
Da quel momento sui giornalisti licenziati calò il silenzio. Attorno a loro la città, anche quella che pretendeva esserne la parte migliore, alzò un muro di ghiaccio. Nessun contatto, nessuna solidarietà. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Franco Nicastro addirittura, poche settimane dopo i licenziamenti, non ebbe ritegno a partecipare ad una trasmissione sulla “libertà di stampa in Sicilia” condotta su Telecolor proprio da Michela Giuffrida.
Nessuno dei giornalisti licenziati ha più lavorato a Catania o in Sicilia. La loro diaspora venne interrotta con cadenza regolare dalle udienze del tribunale e dalle sentenze che hanno visto soccombere Ciancio sia in appello che in Cassazione. Pesantissimo il risarcimento dovuto che Ciancio fino ad ora si è rifiutato di pagare nonostante atti esecutivi e pignoramenti.
Oggi Mario Ciancio ultraotantenne cerca di tenere insieme i pezzi del suo impero in palese condizione di decadenza e aspetta con ansia che la Procura guidata da Giovanni Salvi sciolga il nodo dell’indagine per mafia che lo riguarda.
Intanto la faccenda Telecolor è finita anche in Commissione antimafia, dove a settembre è stato ascoltato uno dei giornalisti licenziati che ha raccontato ai parlamentari della sub commissione su mafia e informazione, presieduta da Claudio Fava, l’intera vicenda e i suoi retroscena. Tra non molto toccherà proprio a Ciancio render conto dei suoi comportamenti davanti al plenum della Commissione antimafia. Un appuntamento al quale al momento l’editore indagato per mafia si è sottratto esibendo certificati medici. Si spera in una rapida guarigione.
Di fronte alla notizia della condanna di Ciancio vi è un silenzio assordante. Tace la politica, tacciono le istituzioni cittadine, sindaco in testa. Tacciono i siti e i giornaletti della cosidetta antimafia militante, tacciono le associazioni della Società Civile. Tutti accomunati da un prudentissimo silenzio. Solo un politico trova il coraggio di dire la sua, è il senatore 5 Stelle Mario Michele Giarrusso, e i segretari attuali di Ordine e Assostampa.
Il dato che racconta meglio di tutto il clima di spontaneo servaggio verso Ciancio che si registra a Catania sta in un articolo pubblicato su Live Sicilia, il più seguito ed autorevole sito di informazione della città. Il sito, con un articolo firmato da Antonio Condorelli, per primo da la notizia della sconfitta di Ciancio in Cassazione. Il pezzo viene letto quasi 14 mila volte e condiviso su Facebook circa 11 mila volte. Numeri impressionanti ai quale fanno seguito solo cinque commenti. Cinque, non uno di più.