Siamo contenti che lo abbia detto anche Matteo Renzi: “Non si può passare dall’indifferenza all’isteria!” Non è serio né utile: è dannoso! Eppure è accaduto ancora una volta davanti alla tragedia libica e alle nuove minacce del cosiddetto Stato Islamico. Dopo un lungo periodo di noncuranza (che ce ne frega di quello che succede nel mondo!) accade qualcosa che colpisce direttamente le nostre emozioni, risveglia quel che resta del nostro senso del pericolo e provoca una reazione scomposta, isterica. Ed è come una bomba d’acqua che si scarica su di noi con smisurata violenza bellicista. “L’Isis ci minaccia ma noi siamo pronti a combattere” “Serve un intervento militare in Libia” “La guerra è alle porte e l’intervento è diventato urgente” “Alla guerra come alla guerra” “Se in Afghanistan abbiamo mandato a combattere 5000 uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino la nostra missione sarà ancora più impegnativa”.
L’isteria è una malattia che deforma la realtà, produce contorsioni, deliri, angosce e nuovi conflitti. E quando colpisce alcuni dei responsabili delle istituzioni, della politica e dell’informazione fa molto male a tutti. Per questo dobbiamo trovare il modo di curarla.
La tragedia libica ci dice, per l’ennesima volta, che non possiamo più:
1) permetterci di chiudere gli occhi sulle tante, troppe guerre e crisi che infiammano il mondo;
2) continuare ad arrivare tardi sui problemi che ci stanno davanti e lasciare tutto nelle mani dei responsabili di tanta negligenza politica;
3) ripetere sempre gli stessi errori delegando agli eserciti e ai bombardamenti la soluzione dei problemi che la politica non ha saputo (o voluto) risolvere;
4) gestire i problemi della sicurezza con le logiche e gli strumenti arcaici che anche in questi anni di crisi distruggono decine di miliardi di euro dei nostri bilanci;
5) difendere i nostri valori e interessi in un mondo così complesso e veloce senza dotarci di una visione politica, risorse finanziarie, personale qualificato e strutture adeguate;
6) trattare l’Onu come un “quadro” o una “cornice” da invocare un giorno e ignorare l’altro senza mai metterla nelle condizioni di agire come dovrebbe;
7) invocare l’Europa e non avere un progetto per costruirne una migliore;
8) trattare il Mediterraneo come il confine meridionale dell’Europa e poi pretendere che gli altri non facciano altrettanto;
9) avere un sistema d’informazione che ci acceca e non ci aiuta a capire;
10) tollerare chi strumentalizza politicamente i drammi, l’insicurezza e le paure di tante persone fomentando odio, disprezzo e divisioni.
Se vogliamo uscire da questo incubo cominciamo col mettere al bando l’indifferenza e l’isteria. Usiamo l’intelligenza.
* Tavola della pace