Libertà di stampa. L’Italia al 73mo posto: ma perché?

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di Alberto Spampinato

Poche righe sui giornali per segnalare la classifica di RSF. Molti commenti indignati, grande silenzio sull’origine dei dati

Molti giornali hanno mostrato sorpresa per il fatto che il 12 febbraio scorso Reporters sans Frontières abbia retrocesso l’Italia di 24 posti in un anno, collocandola al 73.mo posto su 180 paesi classificati in base alla libertà di stampa.

La notizia è stata liquidata sui giornali italiani con notizie di poche righe, come un fatto inspiegabile e curioso. Nei giorni successivi alcuni hanno commentato il fatto con toni più o meno indignati. Solo qualcuno ha letto per intero il comunicato di Reporter Sans Frontières e ha cercato di spiegare il perché, di fare notare che quest’anno, per la prima volta RSF ha basato il suo giudizio su un monitoraggio più puntuale e preciso dei fatti che accadono in Italia nel modo dell’informazione: per la prima volta si è basato sul monitoraggio di Ossigeno per l’Informazione, che da anni rivela un preoccupante aumento delle querele pretestuose e intimidatorie, in particolare di quelle promosse dai politici.

Sabato 15 febbraio il vicedirettore del Corriere della sera, Pierluigi Battista, senza prendere in considerazione i dati citati,  ha riservato alla classifica di RSF un commento sarcastico che si conclude con la frase: “Non credeteci”. A Battista hanno replicato il giornalista Mimmo Candito,a nome di Reporters Sans Frontières Italia, e l’avv. Caterina Malavenda, uno dei massimi esperti di diritto dell’informazione.

Mimmo Candito ha sottolineato in un articolo che RSF descrive una difficoltà reale dell’informazione italiana difficilmente contestabile, essendo basata sui fatti narrati da Ossigeno per l’Informazione, che sono stati attentamente verificati.

Caterina Malavenda ha scritto che “quale che sia l’opinione sulla attendibilità della graduatoria”, lo scivolone dell’Italia “non è comunque una bella notizia” e fa però, ancora meno piacere sapere che tale regressione viene attribuita in parte alle minacce nei confronti dei giornalisti, provenienti il più delle volte dalla criminalità organizzata e seguite spesso da aggressioni fisiche o da incendi dolosi; ed in parte al numero elevato di processi per diffamazione ingiustificati, che possono dissuadere dal diffondere notizie vere, ma scomode, anche senza il ricorso ad amputazioni o censure. “Eppure, basterebbe intervenire sulle norme che oggi non prevedono alcuna reale conseguenza per chi, senza averne motivo, fa causa – il che spiega anche il proliferare di iniziative infondate nei confronti dei giornalisti a mero scopo dissuasivo”.

Di analogo tenore il commento di Alberto Statera (la Repubblica, 23 febbraio 2015) che ha opposto a Battista proprio i dati citati da RSF, sia pure senza dire che i dati sono di Ossigeno.

Più obiettivi e documentati sono stati il commento di Roberto Ciccarelli “Quando il carcere è perfino meglio delle super multe” sul Manifesto del 13 febbraio 2015 e di Newsweek.com, 12 febbraio 2015: Italian Mafia Intimidating Journalists With Worst Levels of Violence Since 90s.

ASP

Da ossigenoinformazione.info


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