Nel carcere di Opera un uomo si suicida. Si chiamava Ioan Gabriel Barbuta, aveva 39 anni, era rumeno. Aveva una condanna all’ergastolo. Quello di Ioan è il sesto suicidio dall’inizio dell’anno dentro le nostre galere. I media non ne hanno parlato, perché i suicidi in carcere sono tornati a non fare più notizia. A commentarlo sono stati invece alcuni agenti su facebook. “Uno in meno” ha scritto. qualcuno “Speriamo che abbia sofferto” ha postato un altro e così via di seguito.
La pubblicazione dei commenti sulla pagina facebook dell’Alsippe, un sindacato di polizia penitenziaria, ha fatto invece notizia. “Una barbarie e simili comportamenti non devono ripetersi” ha dichiarato il ministro Orlando annunciando l’apertura di un’inchiesta interna. “Esultare per la morte di un detenuto è cosa ignobile e vergognosa” ha scritto in un comunicato il segretario del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. Qualcuno prova a spiegare – ma non a giustificare – le frasi incriminate con le condizioni di lavoro degli agenti. Condizioni difficili, come difficili e inumane sono le condizioni di vita delle donne e degli uomini detenuti in Italia.
Forse l’apprezzamento a giugno 2014 del Consiglio d’Europa per «l’impegno delle autorità a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario in Italia» aveva illuso qualcuno che nelle carceri andasse tutto bene. Così non è. E non va bene neanche l’atteggiamento di chi dovrebbe essere il primo garante della legalità e della giustizia ed invece esulta per la morte di un uomo: Ioan, 39 anni, rumeno.
Non è giusto far ricadere su tutta una categoria di lavoratori gli errori di alcuni. Ma i commenti condivisi su facebook provenienti da chi è in prima fila nell’opera di risocializzazione e di rieducazione richiedono un intervento urgente e un controllo capillare su chi lavora in carcere.
Il capo del DAP Santi Consolo ha annunciato di avere firmato sedici provvedimenti cautelari di
sospensione e concordato con il direttore del personale l’avvio del procedimento disciplinare. Aspettiamo le prossime mosse.
Intanto, in carcere i morti dall’inizio dell’anno sono arrivati in meno di due mesi a dodici. Dodici vite finite dietro le sbarre: sei per suicidio, sei per malattia.
Dodici di meno, direbbe qualcuno.