Taranto, la città a cui si può chiedere tutto, ma proprio tutto, è di nuovo con la testa tra le mani. Increduli si legge della nuova batosta presa e dalla quale non si sa davvero come rialzarsi, come rimotivarsi nel voler e dover credere che qualcuno pagherà per il disastro ambientale e tutti morti collegati a filo stretto con l’inquinamento che qui regna.
Il decreto del governo per l’Ilva la salverebbe dalle pretese risarcitorie e penalizzerebbe le parti civili dell’inchiesta “Ambiente svenduto”. Si potrebbero chiedere danni e pretendere, quindi, risarcimenti solo ai singoli imputati, dimostrando il danno economico subito, rivolgendosi al Tribunale fallimentare di Milano, che sarebbe l’istituzione competente per i contenziosi.
Il condizionale per la nostra città è d’obbligo…
Il gup del tribunale di Taranto, Vilma Gilli, in data 4 febbreio ha accolto le eccezioni da parte dei legali delle tre società Ilva Spa, di Riva Fire e di Riva Forni Elettrici, e le ha escluse dalla responsabilità civile. Il motivo di tale decisione è nella presa d’atto che l’Ilva è entrata in amministrazione straordinaria. Le altre due società non erano parti nell’incidente probatorio del marzo 2012 e i legali di Ilva Spa, insieme al legale delle altre due società, hanno portato avanti la tesi seguente:
l’Ilva è in amministrazione straordinaria, le regole da seguire sono quelle del decreto Marzano, quindi, anche le pretese risarcitorie vanno presentate, per “par condicio creditorum”, al Tribunale di Milano.
Un brutto boccone da ingoiare. Una amarissima sorpresa per chi ha chiesto giustizia, avanzando le richieste di risarcimento. Chi ha perduto i propri cari, come i familiari di operai morti sul lavoro, chi ha lavorato e lavora in Ilva, e si è ammalato, chi ha visto morire le proprie pecore perché abbattute a causa della diossina, chi si occupa di mitilicoltura e ha subito danni per la presenza oltre il limite consentito di diossine e Pcb e anche chi ai Tamburi, quartiere a ridosso del siderurgico, ha una casa, una proprietà, adesso che farà? A chi si rivolgerà per pretendere il risarcimento del danno economico subito a causa delle polveri rosse che hanno reso le facciate tutte uguali, tutte sporche di un rosa che di tenero non ha nulla?
Quando era giunto il momento, in sede di costituzione di parte civile, la richiesta di risarcimento danni era stata di tanti miliardi di euro, ma tanti.
E i ministeri di Ambiente e Salute, Comune, Provincia di Taranto, erano titolari di tali richieste. Questa istanza adesso è per i singoli imputati, 49: vertici del gruppo Riva, dirigenti Ilva, funzionari regionali, imprenditori, politici. Che sarà di tali richieste?
Intanto a Taranto è ancora aria di protesta degli autotrasportatori che hanno hanno organizzato una marcia dei tir verso Taranto sulla statale per Bari e sulla statale ionica per Reggio Calabria. Motivo del protestare sta nella situazione critica che attraversa la categoria, che non è disposta a trattare sulla possibilità di veder azzerare i crediti passati, e accettare un anticipo minimo del presente.
Sulla facciata di una palazzina del quartiere Tamburi c’è scritto :
“Nei giorni di vento Nord, Nord/ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale “Ilva” Per tutto questo gli stessi MALEDICONO coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare”
…e si firmano come cittadini di questa città, abitanti di quelle vie, di quel quartiere…
Adesso spiegare a questa gente che non v’è certezza nemmeno su chi e cosa pagherà è dura.
Mollare mai, crederci ancora, aggrapparsi a quei muri che sempre di più assomigliano a specchi su cui non è difficile scivolare via…questo è ciò che resta, dopo tutte le amare considerazioni su come questo Decreto per Taranto, di Taranto si preoccupi davvero poco.
Quella scritta, su quel muro, è rosa di minerale, e la data nemmeno si legge più. Sta li da tanto, e resterà li fino a quando qualcuno pagherà per le lacrime che dagli occhi sono scese e alla terra sono tornate, raccontando le mille storie delle attese nei corridoi della vita di chi voleva vivere, magari al mare, magari tra gli alberi di una masseria, all’ombra degli ulivi.