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Frontex riprende i rimpatri sommari verso la Nigeria

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“Nell’agosto dello scorso anno Frontex, l’agenzia dell’Unione europea per la gestione delle frontiere, ha deciso di sospendere fino a nuova decisione i voli di rimpatrio in Nigeria degli immigrati colpiti da un provvedimento di espulsione a causa dell’epidemia da virus Ebola, che sta flagellando l’Africa occidentale, Nigeria compresa” lo ha dichiarato la portavoce Ewa Moncure da Varsavia, sede di Frontex,che cofinanzia il 2% di tutti i voli di rimpatrio dall’Ue. «Alcuni Paesi, fra cui l’Austria, hanno preso una decisione simile», ha aggiunto Moncure.

Eppure i voli di rimpatrio di migrati senza documenti regolari presenti negli stati europei non sono mai cessati del tutto e si sono ripetuti fino ai giorni scorsi.  Il 19 dicembre 2014, la parlamentare europea Barbara Spinelli entrava nel CIE di Roma, Ponte Galeria insieme ad una delegazione  della campagna LasciateCIEntrare. La visita, come quella successiva al CIE di Torino effettuata insieme all’europarlamentare Cecile Kyenge, si inscrive nell’ambito delle visite nei centri di tutta Europa per la campagna OPEN ACCESS NOW CLOSE THE CAMPS.

Scopo principale della visita  era la verifica delle condizioni dei migranti dopo l’inizio dell’applicazione della riduzione dei termini di trattenimento (da 18 mesi a 3 mesi) e delle condizioni di ingresso del nuovo ente gestore, GEPSA/Aquarinto, nuovo soggetto che in Italia sta operando nella gestione dei centri, dopo il CARA di Castelnuovo di Porto, scaduto il contratto ora passato alla cooperativa AUXILIUM, l’ATI associazione temporanea di impresa gestisce ora il CIE di Roma e quello di Torino, e l’ex CIE di Milano, ora centro di accoglienza straordinaria.

Il 6 gennaio veniva trasferito a Ponte Galeria un cittadino nigeriano dopo essere stato trattenuto per tre giorni nella Questura di Vicenza. Il cittadino ha quindi iniziato uno sciopero della fame dichiarando una serie di violazioni subite, e condizioni fisiche tali da chiedere sostegno e aiuto sia agli altri “ospiti” del centro, sia alle associazioni che hanno accesso al centro.

Durante una successiva visita del 27 gennaio questa stessa persona ha ripetuto, davanti a testimoni, ciò che già aveva detto per telefono ribadendo di essere in sciopero della fame perché chiedeva cibo adeguato alla sua precaria condizione di salute, conseguente alle violenze che avrebbe subito presso la Questura di Vicenza. Tuttavia – come apprendevamo solo successivamente – il mattino dopo la visita, dunque il 28 gennaio, nel CIE ha fatto ingresso il console nigeriano, che ha identificato i trattenuti ai fini del rimpatrio in Nigeria. Tra questi  veniva identificato dal console lo stesso migrante nigeriano incontrato dall’On Spinelli e dalla  campagna LasciateCIEntrare, il quale evidentemente non avrebbe dovuto essere considerato soggetto espellibile, non solo per la sua precaria condizione di salute, ma anche perché ancora in attesa di risposta alla domanda di asilo politico presentata alla Commissione territoriale di Roma.

Il 29 gennaio scorso si apprendeva che diciannove cittadini nigeriani presenti a Ponte Galeria, tra cui  lo stesso richiedente asilo, erano stati prelevati e scortati all’aeroporto di Fiumicino, dove sarebbero stati imbarcati coattivamente per la Nigeria. Si apprendeva dalla Polizia di Frontiera di Fiumicino, che il volo – un aereo charter operato dall’Agenzia Frontex con scali effettuati in altri paesi del Nord Europa per raccogliere nigeriani da rimpatriare – era decollato dall’aeroporto di Fiumicino fra le 12.30 e le 13 di quello stesso giorno. Anche le richieste di intervento e la denuncia da parte del suo avvocato circa la procedura totalmente irregolare del rimpatrio stesso sono state inefficaci ad impedire il rimpatrio.

Il cittadino di origine nigeriana in particolare aveva lo status di richiedente asilo; la precarietà delle sue condizioni di salute era ben documentata nella cartella clinica redatta nel CIE, in cui è registrato anche un ricovero presso il pronto soccorso dell’Ospedale Grassi; l’indagine effettuata nel CIE ha riscontrato atti di persecuzione dovuti a motivi rientranti negli articoli 9 e 10 della Direttiva qualifiche. Risulta chiaro pertanto che egli non avrebbe potuto essere espulso senza contravvenire agli articoli 5, 9, 13 e 14 della Direttiva rimpatri (2008/115/CE), gli articoli 7, 34, 39 della Direttiva “procedure” (2005/85/CE), nonché degli articoli 2, 3, 6 e 13 CEDU e i corrispondenti articoli 1,3 e 18 della Carta dei Diritti dell’Unione  Europea e, infine, all’articolo 10 della Costituzione Italiana.

Il 30 gennaio si apprendeva che altri cittadini nigeriani erano stati trasferiti dal CIE di Bari e dalla Sicilia, ma anche da Torino e da altre città del Nord Italia. Informazione confermata dal funzionario della Polizia di Frontiera di stanza a Fiumicino. Il caso specifico con una lettera con richiesta di chiarimenti è stata inviata dall’On Spinelli alle istituzioni italiane e agli organismi preposti a seguito delle visite, dei colloqui intercorsi con il cittadino ed il suo avvocato, e i referenti di Questura e Prefettura di Roma.

É evidente la volontà di effettuare molto a breve un altro volo di rimpatrio in accordo con le intese di polizia maturate nei vertici del Processo di Khartoum – di persone da riconsegnare a un paese devastato al Nord da Boko Haram e al Sud dalle guerre locali e nel quale è pure presente il rischio di contagio del virus Ebola.
E’ di qualche giorno fa la notizia rilasciata dal Tribunale della Libertà che ha dichiarato “immorale il rimpatrio in un paese a rischio come la Nigeria” per il caso di un cittadino nigeriano difeso dall’Avv Salvatore Fachile, ASGI.

Lo scorso 16 Gennaio l’Alto Commissariato dell’ONU ha chiesto la sospensione dei rinvii di richiedenti asilo verso la Nigeria e che, come si legge sul sito Viaggiare Sicuri del Ministero degli Affari Esteri, in Nigeria “la situazione della sicurezza è caratterizzata, in generale, da diffusi atti di criminalità ed è concreto, presente ed attuale il rischio di atti di terrorismo e di violente sommosse in varie aree del Paese. Si raccomanda pertanto di tenere strettamente conto della situazione della sicurezza in loco nel prendere decisioni relative agli alloggiamenti e agli spostamenti”.  Evidentemente quelle cautele che valgono per i cittadini italiani che dovessero recarsi in Nigeria non sono riconosciute per gli immigrati originari di quel paese che sono sottoposti alle procedure di rimpatrio forzato.

In questo momento, rimpatriare coattivamente con misure di allontanamento forzato che assumono obiettivamente il carattere di espulsioni di massa – vietate dall’art. 4 protocollo IV CEDU e dall’articolo 19 della Carta dei diritti dell’Unione Europea – cittadini stranieri verso la Nigeria costituisce un’evidente violazione dei loro diritti fondamentali. Per tali ragioni si chiede di sospendere immediatamente
qualsiasi rimpatrio coatto verso la Nigeria e di conoscere le modalità, la pianificazione e i responsabili dell’esecuzione dei provvedimenti di allontanamento forzato attuati in data 29 gennaio 2015, nonché i relativi costi.

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha ritenuto che per espulsione collettiva si deve intendere, ai sensi dell’articolo 4 del Protocollo n. 4, qualsiasi misura che costringa degli stranieri, in quanto gruppo, a lasciare un Paese, salvi i casi in cui tale misura venga adottata all’esito e sulla base di un esame ragionevole e obiettivo della situazione particolare di ciascuno degli stranieri che formano il gruppo (Andric c. Svezia (dec.), n. 45917/99, 23 febbraio 1999 e Čonka c. Belgio, n. 51564/99, § 59, CEDU 2002 I).

In presenza di riconoscimenti tanto sommari effettuati dalle autorità consolari nigeriane prima del decollo verso la Nigeria, probabilmente con la mera attribuzione della nazionalità, come è richiesto dai vigenti accordi bilaterali di riammissione tra Italia e Nigeria, l’esecuzione immediata del volo di rimpatrio congiunto integra gli estremi della violazione del divieto di espulsione collettiva perché non consente una procedura individuale nell’ambito della quale, al di là della eventuale ricorrenza di provvedimenti di espulsione o di respingimento adottati dalle autorità italiane, gli interessati possano fare valere cause di non espellibilità previste dall’art. 19 del T.U. n. 286 del 1998, quali le condizioni personali di salute, rapporti familiari o la situazione sanitaria o politico-militare nel paese di origine.


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