Curation ovvero giornalismo

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La cultura digitale va compresa, per farlo bisognerebbe provare a fare i classici tre passi indietro come proponevano i cartellini delle “probabilità” ma anche quelli degli “imprevisti” del Monopoli, e ricevere gli auguri di rito. Cercare la visione d’insieme e non il particolare, comprendere che il mutamento è già ampiamente avvenuto e quindi che arroccarsi su posizioni di difesa non serviva, non serve e anzi ha creato e crea problemi, non soluzioni.

Parlando di giornalismo ed editoria, settori che proviamo a raccontare da queste parti, vuol dire che solo lasciando da parte i preconcetti, e provando a farsi permeare dal cambiamento potremmo sperare di recuperare un pochino, purtroppo solo un poco, l’enorme lasso di tempo perduto.

Il giornalismo del presente passa attraverso un profondo e complesso cambiamento che si estrinseca anche nell’individuazione di nuove pratiche e nuove figure professionali. La Curation è una di queste e i curatori, che potremmo chiamare anche giornalisti, ma non solo,  sono quelli che la praticano.

Abbassare il livello del rumore che l’immensa mole di informazioni online provoca e provare a interpretare questa massa enorme di dati per creare dei percorsi preferenziali e soprattutto nuove narrazioni giornalistiche: questa è una delle funzioni primarie della curation.

In uno dei workshop dell’ultima edizione di digit, Carlo Felice Dalla Pasqua, giornalista e grande esperto del mondo digitale, ha proposto e provato a spiegare l’uso di una serie di strumenti per realizzare al meglio il lavoro di curationContinua su lsdi.it

 


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