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Contro l’ISIS più informazione, meno ideologia

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L’ISIS, come le Br, non sono “compagni che sbagliano”. Per sconfiggerli occorre più informazione e meno ideologia. Sia sull’umma che sulla nazione.
Per vincere la battaglia contro l’ISIS occorre per prima cosa liberarsi dalle letture ideologiche.

Il primo danno che una lettura ideologica, nel contesto vicino-orientale, ci procura è quello di contrapporre Umma e Nazione. E invece sono due facce della stessa medaglia, dato che tanto l’umma (così come è lì interpretata dai più oggi) e la nazione (così come è lì interpretata dai più oggi) eliminano il concetto di individuo, dissolto in una melassa nella quale lui, la persona, perde il diritto alla sua specificità, cancellato nella comunità o nella nazione. Il primo elemento di cui l’informazione può liberarci, se deidelogizzata, è quello di questa falsa dicotomia.

Il principio del tawhid frainteso, cioè il principio dell’unicità di Dio, è divento nell’esperienza dei nazionalisti il principio dell’unicità del partito e del capo, con l’analogo disastro anti-individuo.

E’ questa semplice constatazione che può spingerci a guardare con occhi diversi ai generali, se invece seguiamo il parametro umma contro nazione potranno apparirci alleati.

E invece l’ummismo e il nazionalismo concretamente materializzatisi oggi nel Vicino Oriente sono totalitari e contro il riconoscimento dell’individuo, della persona.

Analogamente una lettura deideologizzata ci porterà a cercare informazioni su chi sia e come sia l’individuo per gli arabi. Semiti, gli arabi sono notoriamente portatori di una cultura meno individualista di quella nostrana, come tutti i semiti. Il termine individuo infatti, questo lo sappiamo tutti, è intraducibile: “fard” infatti è letteralmente “uno di una coppia”, perchè nella cultura arabo-semita l’individuo non si compie in sè, ma nella relazione speciale con l’altro, e la riprova di questo l’abbiamo nell’uso arabo di chiamarsi “padre di” o “madre di”.

Il flusso informativo dovrebbe pertanto aiutarci a liberarci da una visione “totalitaria” di quelle società, dove l’identità richiede di essere valorizzata, e non cancellata come fanno gli islamisti dell’umma e i nazionalisti del tawhid del partito, in un meccanismo sociale che non è figlio dell’io sovrano, quell’io sovrano che noi tanto amiamo ma che ci sta facendo sperimentare l’angoscia della solitudine.

Incamminarsi nella ricerca della democrazia possibile nel mondo arabo richiede dunque formule meno individualiste; sta qui la forza degli accordi di Taif, che nel loro testo ufficiale prevedono una “Camera degli individui”, cioè eletta come votiamo noi, e un Senato delle comunità, cioè eletto su base comunitaria.

Perchè in società complesse come quelle arabe la democrazia non può che essere consensuale, in modo da trasformare le comunità da gabbie in ricchezze, espressione della cultura e della complessità sociale.

L’ultimo danno che l’ideologia ci procura e che solo l’informazione può aiutarci a debellare è quello di una visione manichea di reazionari contro rivoluzionari. Sono antagonisti gli oscurantisti legati a Tehran? Antagonisti di chi? Dei diritti dell’uomo, proprio come i reazionari legati a Riyadh, per tanti anni presentatici da una lettura ideologica opposta come il baluardo anti-sovietico.

D tutti questo si avvantaggiano i terroristi dell’ISIS, nemici del generano umano, contro i quali nessuno deve cadere nell’errore nel quale incorremmo noi, della mia generazione, definendo i brigatisti “compagni che sbagliano”, ma neanche in quello di disumanizzarli, facendone così dei semidei delle tenebre. No, non sono altro che uomini, portatori di una malattia mortale, e se li osserviamo con le giuste lenti, senza riprovevoli ammiccamenti, troveremo anche per questa malattia mortale la giusta medicina.


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