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Caso Alpi-Hrovatin: se Jelle pagato per mentire si riapra processo

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di Mariangela Gritta Grainer

Ali Rage Hamed detto Jelle è il testimone d’accusa chiave nei confronti di Hashi Omar Hassan condannato in via definitiva a 26 anni di carcere per concorso nell’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin avvenuto il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Nel 2004 e successivamente nel 2010 Jelle sosterrà di voler ritrattare la sua testimonianza e di essere stato indotto a dichiarare il falso per denaro e da una autorità italiana. Per queste dichiarazioni (di cui esistono le registrazioni audio) ha subito un processo per calunnia che si è concluso il 9 ottobre 2012 con una assoluzione in contumacia avendo la corte di fatto accertato che “…la  testimonianza di Jelle contro Hashi potrebbe essere falsa…” mentre un cittadino somalo è in carcere forse innocente e di certo due cittadini italiani, Ilaria e Miran, sono stati assassinati quasi vent’anni fa e ancora non hanno avuto giustizia.

Vorrei ricordare che nelle motivazioni della sentenza del processo di primo grado che aveva assolto Hashi, a proposito dell’assassinio di Ilaria e Miran si parla chiaramente della “…. costruzione di un capro espiatorio” stante che “il caso Alpi pesava come un macigno nei rapporti tra Italia e Somalia” e stante che “alcune piste potrebbero portare a ritenere che la Alpi sia stata uccisa, a causa di quello che aveva scoperto…..” (sentenza del 20 luglio 1999).

La notizia di questi giorni di un’intervista a Jelle che andrà in onda domani nella trasmissione “Chi l’ha visto” darà forse ragione a chi ha scritto e sostenuto che si è voluto costruire in Hashi un capro espiatorio, per depistare le indagini e la ricerca della verità.   La sua deposizione (10 e 11 ottobre1997) alla questura di Roma prima e poi davanti al PM è molto “imprecisa“ (colloca Ilaria a fianco dell’autista, per esempio, il che è completamente falso). Ci sono testimoni che hanno dichiarato che Jelle non era presente sul luogo del duplice omicidio; Jelle non ha testimoniato al processo (era già “irreperibile” quando Hashi giunge in Italia la mattina del 12 gennaio 1998!) e dunque non ha riconosciuto Hashi.

A quasi 21 anni da quel tragico 20 marzo a Mogadiscio potrebbe esserci una svoltaverso l’individuazione dei responsabili e dei mandanti  del duplice assassinio di Mogadiscio e di chi ha depistato. Se Jelle ha mentito accusando Hashi Omar Hassan ed è stato pagato per mentire ci possono essere le condizioni per fare un nuovo processo nei confronti di Hashi che ha già scontato una pena di quasi quindici anni, oggi in carcere a Padova. E si dovrà riaprire tutta l’inchiesta sul duplice assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Quel che è emerso fino a qui dalla lettura dei documenti desecretati (per iniziativa della presidenza della camera dei deputati ribadita dalla presidenza del consiglio un anno fa) conferma che si è trattato di un’esecuzione programmata e ben organizzata e che, già dai primi giorni dopo il 20 marzo 1994, era apparsa chiara la pista dei traffici di armi e di rifiuti. Ma che si è scelto di non scandagliare quella pista, di non cercare  mandanti ed esecutori; anzi c’è stato chi ha cercato di occultare, depistare arrivando a mentire,  fare carte false.

La desecretazione deve procedere ancor più veloce e completa. La Procura della Repubblica di Roma dia impulso all’inchiesta come già annunciato più volte. Si può dare forse un’accelerazione a che giustizia sia fatta: individuare chi ha mentito occultato depistato fatto carte false, perché, per chi: è il passo necessario per arrivare con certezza a esecutori mandanti.

Da liberainformazione.org


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