Nei giorni trascorsi ho infatti sentito sostenere che la soluzione migliore per evitare che i “tagliagole” conquistino il Bel Paese sarebbe bombardare sulle coste libiche i barconi della morte, quelli che si accingono a partire per portare i migranti a Lampedusa.
Recalcitranti, costoro hanno poi puntualizzato che i barconi andrebbero affondati prima che i disgraziati vi salgano a bordo, non dopo. Ma comunque l’esito che andrebbe evitato è che loro, “i mostri”, arrivino qui. Altrimenti saremmo fritti. Ecco, secondo me proprio questo scenario è quello che ci condannerebbe a morte certa.
Il terrorismo internazionale è giunto alla sua terza fase. La prima, che ha seguito di pochissimo la vittoria khomeinista a Teheran – vero punto di svolta della storia recente- è emersa in Afghanistan, Cecenia, Egitto ed Algeria, puntando a rovesciare regimi filo-occidentali. E’ fallita perché il musulmano-tipo non li ha seguiti.
Quindi l’attacco terroristico è stato portato al cuore dell’impero da Bin Laden e soci: l’America doveva crollare sotto i colpi di Muhammad Atta e compagni, non è andata così anche perché – per la seconda volta- il musulmano-tipo non li ha seguiti.
Ora siamo al terzo tentativo, che ha come obiettivo l’Europa. Questa volta però non si punta -con fu con al-Qaida- su gruppi di fanatici in territorio europeo, ma a usare chi è già sul posto.
Sono le periferie nostrane il campo di addestramento di giovani sbandati che vanno usati per l’impresa. Il loro allenamento non è un problema: basta portarli a due passi da noi, nei territori del Califfo, senza neanche bisogno di visti, e in breve saranno pronti. I piani non saranno più elaborati a casa Bin Laden, con azioni spettacolari e sofisticatissime, ma lasciati alla libera iniziativa degli adepti, che diventano così imprenditori e coautori.
Ecco che le comunità islamiche europeee diventano lo spartiacque: saranno il mare che isolerà i terroristi o saranno il mare che ci sommergerà?
L’idea di lasciarli pregare in garage malconci sembra fatta apposta per rendere più facile il successo della seconda opzione. Lì, in quei maleodoranti sottoscala, la fede schernita e criminalizzata porterà quanto meno al silenzio, se non alla complicità. Moschee disegnate da architetti europei, aperte e integrate nel tessuto urbano, aiuterà invece la prima opzione.
La suggestiva idea di bombardare i barconi renderebbe evidentemente criminale tutta una comunità, non solo chi si accingeva a partire, ma anche chi proprio su quei barconi è salito in passato. Non sembra difficile sostenerlo, e Moni Ovadia lo ha spiegato benissimo, sostenendo che una volta che ci saremo fatti barbari come gli uomini di al-Baghdadi avremo indubitabilmente perso la partita.
Ma gli schemi di gioco dei terroristi sono tantissimi. Uno di questi sta nel colpire “bene”. E colpendo la libera stampa si dimostrano eccellenti strateghi. Tra i pochi a capirlo c’è certamente papa Francesco.
Colpendo la libertà di stampa attraverso chi offende o insulta l’islam i terroristi toccano un caposaldo della civiltà. Piegarsi, ovviamente sarebbe un errore. Ma libertà di stampa vuol dire che ognuno deve essere libero di dire la sua, non che tutti devono ripetere quel che uno ha detto. La “viralizzazione globale” delle vignette invece le trasforma in ciò che non sono, un’azione di massa e non il libero pensiero di uno. E’ questo che papa Francesco ha capito meglio di tantissimi altri con la metafora del pungo.
In definitiva si può dire che il timore che gli uomini rana del Califfo stessero per sbarcare ad Anzio era la solita sciocchezza, ma la partita non è chiusa: la scelta dei terroristi è stata compiuta, il piano è preciso. Sta a noi decidere se assecondarlo o combatterlo. E per combatterlo l’accoglienza di chi fugge dalla loro disumanità feroce è certamente la strada migliore.