Aslan Özgecan, una giovane donna di 20 anni, è stata rapita e uccisa lo scorso 11 febbraio a Mersin in Turchia, dall’autista 26enne di un minibus su cui viaggiava. La ragazza ha cercato di opporsi al tentativo di stupro con una bomboletta spray e per questo è stata accoltellata, picchiata a morte e bruciata.
Da quando i resti carbonizzati di Aslan sono stati ritrovati sulle rive del fiume, le proteste nel paese si sono moltiplicate. Durante le esequie le donne, in opposizione al presidente turco Erdogan, hanno portato a braccio la bara e marciato in strada.
Secondo i media locali, le violenze sulle donne sono aumentate nel paese del 400% dal 2002, quando il partito islamico Akp è arrivato al potere.
Sui social network – Facebook, Twitter e Instagram – hanno pubblicato foto vestite di nero, per testimoniare contro la violenza di genere. A loro si sono uniti in queste ore migliaia di uomini turchi che utilizzando l’hasthag #ozgecanicinminietekgiy – indossa una gonna per Özgecan -. Stanno pubblicando immagini in cui indossano l’indumento femminile anche sfilando per le vie del paese: “Se una minigonna è responsabile di ogni cosa, se (indossare) una minigonna significa mancanza di morale e di castità, se una donna che indossa una minigonna è un invito a quello che le può accadere, allora anche noi vi invitiamo!”, recita il comunicato che accompagna la protesta.
Milioni di persone hanno ricordato il nome di Aslan: la giovane studentessa turca lotta ancora contro tutte le violenze consumate su di lei e su ogni donna nel mondo.