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Una storia di camorra esemplare. A Giugliano (Na)

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Anche la storia, soprattutto in un paese come il nostro, può diventare monotona e non interessare più chi si induce a leggerla o addirittura a insegnarla ai giovani nelle scuole o all’università. Ma tante altre volte succede che sono i particolari a rendere certe vicende incredibili o, meglio ancora, meritevoli di essere raccontate. Ed è quello che successo negli ultimi 25 anni in Italia  tra la capitale del Mezzogiorno, Napoli e quella del Paese, Roma, dove si trovano i protagonisti del dramma grottesco di cui i due personaggi principali sono stati protagonisti.

La storia è semplice e ora siamo in grado di esporne una sintesi grazie al provvedimento che la Procura della Repubblica napoletana ha emesso dopo aver ricostruito la storia. Un boss del clan Mallardo, Vincenzo D’Alterio, un’organizzazione criminale egemone nel comune di Giugliano, terza città campana per numero di abitanti. Ma si tratta di un boss camorrista falso invalido che ha ottenuto per un quarto di secolo non soltanto benefici carcerari ma anche i soldi dello Stato grazie a perizie false e a medici compiacenti.

Il clan di cui è boss D’Alterio è cresciuto, ammazzando a destra e a manca, e formando imprenditori capaci d’investire denaro, frutto di attività illegali, in commercio, ristorazione, rifiuti  ed edilizia, corrompendo undici persone già individuate e incriminate in un’operazione del Gico della Guardia di Finanza di Roma. Ogni mese, insomma, dal 1988, D’Alterio ha percepito come invalido totale l’invalidità civile 286 euro. Dal 1996 il boss ha percepito anche l’indennità di accompagnamento: altri 499 euro mensili per un importo complessivo di 785 euro. E’ proprio per concorso in truffa è finito in carcere anche Gennaro Peglino,  ex assessore del comune di Giugliano, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl di Napoli 2 Nord. Perrino è indagato anche per associazione esterna in associazione camorristica giacché ha fornito le sue prestazioni in maniera continua al gruppo criminale.

In particolare, Perrino ha predisposto i falsi certificati medici che sono serviti a D’Alterio per ottenere gli emolumenti previdenziali e i benefici carcerari. Il boss soprannominato in maniera ironica “o’ malato” ha potuto alleggerire il suo carico con la giustizia e ha incassato ogni mese i soldi dello Stato fino al momento in cui due collaboratori di giustizia hanno raccontato gli inganni organizzati ai magistrati.

E’ stato indagato con le stesse accuse anche Claudio Radente, altro medico in servizio presso l’ASL 2 Napoli Nord insieme ad altri due arrestati, Giuseppe Ciccarelli e Giuliano Pianese, questo dipendente proprio dell’ASL Napoli 2 Nord. Al gruppo camorristico sono stati sequestrati beni per otto milioni di euro e aziende che operano nel settore della panificazione e della intermediazione finanziaria. Agli arresti domiciliari è finito invece Gaetano Cecere, agente della polizia penitenziaria, perché avrebbe rivelato a un affiliato notizie coperte dal segreto di ufficio.
Il caso di D’Alterio ricorda quello di Michele Senese, detto o’ pazzo  che per anni ha fatto quello che voleva grazie a un certificato di pazzia da parte di medici di primo ordine. Oggi Senese è in carcere per omicidio.

La vicenda ultima mostra ancora una volta come il sistema della follia sia usato periodicamente da criminali per sfuggire alle proprie pesanti responsabilità.


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