Il 20 gennaio il blogger tunisino Yassine Ayari è stato condannato in appello a un anno di carcere da un tribunale militare per aver “diffamato l’esercito” in una serie di post su Facebook. Le organizzazioni per i diritti umani denunciano l’ennesimo caso di violazione della libertà d’espressione in uno dei paesi che l’hanno pubblicamente esaltata dopo la strage di Charlie Hebdo a Parigi. Per i suoi denigratori, Ayari non è altro che “un cyber-collaboratore prestato al salafismo”.
Arrestato all’aeroporto di Tunisi il 24 dicembre 2014, di ritorno da un viaggio a Parigi, Ayari è stato informato che a novembre un tribunale militare lo aveva condannato in contumacia a tre anni di carcere. La condanna si è basata su una serie di post pubblicati da Ayari sul suo profilo Facebook ad agosto e settembre del 2014, contenenti critiche nei confronti del ministro della Difesa Ghazi Jeribi e di una serie di nomine all’interno dei vertici militari.
L’articolo 91 del codice di giustizia militare punisce con un massimo di tre anni di carcere gli attacchi alla reputazione, alla dignità e alla moralità delle forze armate, le azioni che minacciano la disciplina militare, l’obbedienza e il rispetto verso i superiori nonché le critiche che possano ledere l’autorità e la dignità dei comandanti dell’esercito.
Quello di Ayabi non è un caso isolato. Il precedente risale al novembre 2014, quando Sahbi Jouini, dirigente di un sindacato di polizia, è stato condannato in contumacia a due anni di carcere dopo che aveva accusato l’esercito di non aver saputo utilizzare adeguatamente alcune informative riguardanti il terrorismo. Altre condanne sono state emesse nel 2013 e nel 2012.