Di Riccardo Chiari
Negli ampi spazi del Nuovo cinema Nosadella, esaurito in ogni ordine di posti per l’assemblea
dell’Altra Europa con Tsipras, può succedere anche di trovare nel retrobottega il poster di un film
uscito la scorsa estate. Dimenticabile (a partire dalla coppia di protagonisti Barrymore/Sandler) ma
con un titolo piuttosto aderente agli sviluppi della giornata: «Insieme per forza». Anche per amore.
«Per tutti noi — ricorda fra gli applausi Panos Lamprou di Syriza — il movimento contro la globalizzazione
è stato un insegnamento. E siamo convinti che la sinistra italiana possa sorprendere ancora
il mondo».
Chi in partenza pensava che si trattasse di un appuntamento più simbolico che di concreta azione
politica, fissato nell’imminenza delle elezioni greche specialmente per rinsaldare il legame con il
nuovo possibile primo ministro Alexis Tsipras, non aveva calcolato una sedimentata costante: la
capacità della sinistra italiana di essere al tempo stesso conflittuale (soprattutto al suo interno), un
po’ bizantina, senza un leader ma con tanti aspiranti al ruolo. Singoli o collettivi.
Al tempo stesso, nelle pieghe di una discussione molto intensa, e nella diversità di posizioni rappresentata
ad esempio dall’intervento «basista» di Barbara Spinelli («non c’è più tempo da perdere,
dobbiamo partire subito»), e dalla realistica risposta di Luciana Castellina («non ricostruiremo la
sinistra se non ricostruiamo un terreno comune della sinistra»), è possibile capire quali potenzialità
avrebbe una forza unitaria. Poi, per i tanti appassionati di modelli organizzativi — meglio Syriza
o Podemos? — vale la risposta di Paolo Ferrero: «Io penso che l’Altra Europa sia la cosa migliore
fatta negli ultimi dieci anni. Ma una soggettività politica non si costruisce in termini burocratici. Né
può essere il frutto di una dinamica ’pattizia’ fra i vertici. Va costruita nel paese«.
Sarà un’impresa, nell’Italia del patto del Nazareno. Però ci sono fatti grandi e piccoli che contribuiscono
a tenere accesa la fiamma della speranza. Non solo le elezioni greche e i sondaggi spagnoli.
C’è ad esempio la presenza qui a Bologna del senatore ex pentastellato Francesco Campanella. E c’è
l’addio di Sergio Cofferati al Pd. Il segretario confederale del Circo Massimo, dei tre milioni in piazza
con le bandiere della Cgil per difendere l’articolo 18, agli occhi dell’assemblea certifica con la sua
decisione la rottura finale fra il mondo del lavoro e il suo partito di riferimento. «C’è grande emozione
in sala — sintetizza il bolognese Sergio Caserta — certo l’avesse fatto dieci anni fa…». E Nanni
Alleva, neo consigliere regionale dell’Altra Emilia Romagna, amplifica il concetto: «E’ l’ultima dimostrazione
del fatto che il Pd è un posto infrequentabile. Anche un politico navigato come Cofferati
alla fine si è trovato di fronte a una situazione impossibile. Ora l’importante è che molti italiani che
si sono ’messi in sciopero’, non votando, capiscano che c’è un’alternativa: la sinistra. Unita».
«Cofferati – osserva sul punto Curzio Maltese – è l’unico che ha tratto le conseguenze del fatto che
nel Pd esiste una questione morale e, subito dopo, una questione politica. Berlinguer avrebbe detto
che ’esiste una questione morale nel partito democratico’: basti pensare alla Liguria, all’Expò, alla
Tav, allo scandalo del 3%». Quanto alla questione politica, è l’intervento introduttivo della giornata
di Marco Revelli a segnalarla puntualmente: «In Italia si è riaperto il conflitto sociale: nel milione di
piazza San Giovanni, nello sciopero generale, nello sciopero sociale. E in questi mesi si è anche consumata
una frattura storica, fra il mondo del lavoro e il partito che storicamente ne raccoglieva le
istanze. Un partito che oggi invece partecipa alla manomissione della Costituzione democratica,
e all’attacco al lavoro».
Revelli riassume anche il compito dell’Altra Europa: «Costruire una casa comune, accogliente, della
sinistra. E un nuovo linguaggio. Perché da decenni la sinistra ha smarrito il suo, anzi ha assunto
quello del neoliberismo». Il sociologo torinese è fra i primi firmatari del manifesto «Siamo a un bivio»
presentato ai 700 partecipanti all’assemblea, fra i quali si notano Franco Turigliatto e Antonio
Ingroia. A firmare anche Paolo Cento: «L’abbiamo sottoscritto dopo una discussione nel partito —
spiega il presidente dell’assemblea di Sel — perché vanno valorizzati gli sforzi di lavorare in un processo
politico, aperto e innovativo, ’della sinistra e dei democratici italiani’. Tanti che sono qui oggi
saranno anche a Human Factor. E noi pensiamo di poter dare il nostro contributo, ritenendociimportanti ma non certo esclusivi, per allargare lo sguardo e gli spazi a sinistra».
Molti ma non tutti firmano il «manifesto Revelli», che pone la scadenza di una nuova assemblea
a marzo per avviare il futuro percorso della forza politica, con chi aderirà, sul duplice binario locale
e nazionale. Non firma Barbara Spinelli che dà voce a un gruppo di comitati locali, critici verso
quelle che giudicano lentezze eccessive nel processo costituente di un nuovo partito. I giovani under
35 di Act battono invece il tasto del completo rinnovamento del comitato operativo dell’Altra Europa.
Sul punto la discussione va avanti per l’intera giornata, e proseguirà anche oggi.
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