Dobbiamo dare atto al Fattoquotidiano se oggi tutti i media nazionali aprono sullo scandalo del decreto fiscale, approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 24 dicembre 2014, che darebbe a Silvio Berlusconi la sostanziale immunità per i reati di frode fiscale per cui è stato condannato in via definitiva, condanna che gli ha imposto il regime dei servizi sociali e l’abbandono dello scranno al Senato.
Di Pino Salerno
Già il 29 dicembre, il quotidiano diretto da Antonio Padellaro, aveva scovato i limiti del decreto fiscale, e ne aveva denunciato l’allargamento, di fatto, di molti privilegi, in particolare, scriveva il quotidiano, “esclusa la punibilità quando l’importo delle imposte evase è inferiore al 3% del reddito imponibile dichiarato o l’Iva evasa non supera il 3% di quella dichiarata”. Ora, una valutazione più profonda e attenta, ha fatto scattare le antenne sull’entità del reato per cui è stato condannato Berlusconi. Nella edizione del 4 gennaio, il Fattoquotidiano, e insieme con esso tutte le testate nazionali, ha calcolato che il passaggio di questo comma, inserito nella norma fiscale, di fatto favorisce Berlusconi, perché gli importi evasi, nel caso della frode fiscale dei diritti televisivi di Mediaset, sono notevolmente inferiori alla soglia del 3% prevista. E per effetto del cosiddetto favor rei, la norma si applica anche in modo retroattivo, giungendo alla sostanziale non punibilità, con un conseguente calcio negli stinchi agli effetti che la legge Severino aveva comportato. Non solo Berlusconi tornerebbe un uomo libero, ma godrebbe nuovamente dei diritti politici attivi e passivi, che gli erano stati negati per effetto della legge Severino.
Il quotidiano diretto da Padellaro racconta che il comma era stato cancellato dal ministero dell’Economia, e che tuttavia una “manina” di Palazzo Chigi l’aveva reintrodotta “nella forma peggiore”, come confermato anche dal sottosegretario all’Economia, il deputato di Scelta Civica Enrico Zanetti. In realtà, anche Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze dei governi Prodi, si era infuriato per quella norma, parlando di “un enorme regalo ai grandi evasori”, e pare che si sia anche infuriata la direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Raffaella Orlandi. Durissimo il commento di Roberto Napoletano, direttore del Sole24ore, che nella edizione online del quotidiano di Confindustria così si esprime: “chi ha creato questo pasticcio chieda scusa e ponga rimedio, si tratta di una norma di un decreto legislativo, intervenire non è complicato, anzi obbligatorio”. La tesi del direttore del Sole24ore è che con una norma del genere salta la certezza del diritto.
Ma se ha ragione Napoletano, e crediamo che abbia ragione, questo incidente segnala, nuovamente, l’abuso di doppia verità che è tipica dell’ideologia di Renzi. Cosa aveva scritto infatti il premier ai tesserati del Pd poche ore prima di essere scoperto con “le mani nella marmellata fiscale”? Ecco il passaggio della lettera: “fondamentale che la grande opera di riforma della giustizia civile e del fisco vada avanti nei tempi stabiliti. Dobbiamo arrivare ad avere tempi europei e un sistema di certezza del diritto che in questi anni è cambiato”. Al di là della pessima prosa, si menziona appunto la riforma fiscale da approvare “nei tempi stabiliti” e secondo un sistema di certezza del diritto. Ora, quanto è accaduto con la scoperta delle magagne contenute nella delega fiscale contraddice esattamente le parole e l’impegno di Renzi. Abbiamo scoperto che la certezza del diritto non esiste, e che i tempi si allungheranno necessariamente. Perché? Perché il buon Renzi non ha chiesto scusa agli italiani, come pretendeva giustamente Napoletano, ma ha deciso di ritirare il decreto legislativo, di correggerlo e di ripresentarlo alle Camere senza indicare una data precisa.
Dunque, ha sostanzialmente ammesso che egli è stato artefice di una doppia verità: quella che esalta mediaticamente e agli iscritti la politica fiscale del governo, e il contenuto reale del decreto, che come abbiamo visto è una mannaia per la giustizia fiscale e un “enorme regalo ai grandi evasori”, ivi compreso Silvio Berlusconi. La doppia verità è un’ipocrisia ideologica, quella catastrofica distanza tra ciò che si racconta all’opinione pubblica e ciò che davvero si decide attraverso la legislazione. Altri studiosi, in passato, l’hanno denominata “populismo”. Non è il primo caso della storia renziana (si pensi al famoso tweet rivolto a Enrico Letta, “Enrico stai sereno”, poche ore prima di essere trafitto), e crediamo che non sarà l’ultimo. Sta all’opinione pubblica, alla stampa, vigilare per rilevare tutte le volte in cui l’ideologia della doppia verità viene espressa dall’attuale premier. Questa volta, dobbiamo riconoscerlo, ha vinto la stampa vigile e libera, grazie ancora una volta all’iniziativa del Fattoquotidiano.
Da jobsnews.it