“Tornare in Sierra Leone è nei miei progetti, anche se per un periodo breve, per completare quello che ho iniziato”. Sono trascorsi 26 giorni dalle parole di Fabrizio Pulvirenti, il “paziente zero” italiano contagiato, e guarito, dal virus Ebola. Un mese e mezzo di terapie non sono state sufficienti per scalfire la tenacia del medico volontario per Emergency.
Le dichiarazioni della conferenza stampa in data 2 gennaio scorso trasmettono grande coraggio e determinazione. Federico Pulvirenti analizza con lucidità le fasi della terapia, riconoscendo di aver aleggiato tra la razionalità del professionista e la preoccupazione del paziente. I sorrisi e i ringraziamenti sono dedicati ai medici dell’ospedale San Lazzaro Spallanzani di Roma, con l’ausilio dei quali, a partire dal 26 novembre, è riuscito a sconfiggere un virus capace di causare oltre 8.000 decessi su un totale di 21.000 contagi. Anche nei momenti di maggior difficoltà, lo spirito traeva forza dal pensiero della “sua” Sierra Leone, il paese che, insieme a Liberia e Nuova Guinea, è risultato essere tra i bersagli privilegiati del flagello Ebola.
Nella fattispecie, le ultime rilevazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno consegnato lo scomodo primato alla Sierra Leone, i cui 10.340 casi registrati rappresentano il picco dello scenario africano. La stessa Oms, tuttavia, ha lasciato trapelare un flebile ottimismo nel constatare la sensibile diminuzione nel numero dei contagi nell’Africa nord-occidentale. Alcuni esperti sostengono inoltre che il 2015 potrebbe essere l’anno risolutivo per debellare il virus Ebola.
Per uscire dalla crisi, la Sierra Leone sarà chiamata a ridurre al minimo gli attriti interni che da decenni ne limitano la crescita e alimentano la povertà. Il 18 dicembre 2014, il capo di stato Ernest Bai Koroma ha firmato per la prima volta una risoluzione che invita i paesi aderenti a stabilire una moratoria sulle esecuzioni; si tratta dell’ultimo, risolutivo passo verso la totale abolizione della pena di morte. A dispetto di tale cesura storica, il sistema giudiziario è ancora lontano dai canoni minimi di rispettabilità: corruzione, carenza di personale e competenze, lunghi periodi processuali e sovraffollamento nelle carceri, sono solo alcuni dei principali capi d’imputazione. Le forze di polizia imperversano impunemente abusando della propria autorità; in molti casi gli agenti hanno aperto il fuoco per sedare manifestazioni pacifiche e altre forme di libera dissidenza. Anche il diritto alla salute stenta a decollare: il progetto “Free Health Care”, che avrebbe dovuto garantire assistenza sanitaria gratuita per donne in gravidanza e bambini al di sotto dei 5 anni, non ha ancora raggiunto l’efficacia auspicata.
In questo clima di necessario sviluppo, la Sierra Leone dovrà dare un messaggio di impegno e partecipazione alla comunità internazionale. Gli aiuti umanitari scarseggiano e dalle autorità locali sarà richiesto un ulteriore sforzo di sostegno e collaborazione. Nei prossimi mesi, si potrebbe scrivere l’ultimo capitolo della “saga Ebola”: consci che di “lietofine” non si potrà mai parlare, il mondo è chiamato a trovare quel coraggio e quella determinazione che hanno permesso a Fabrizio Pulvirenti di vincere la propria battaglia.