di Antoine Courban*
L’espressione Cristiani d’Oriente è inopportuna perché rimanda alla famosa Questione d’Oriente, che era una questione dell’Occidente e delle potenze europee del tempo. L’espressione Cristiani d’Oriente fa riferimento alle svariate cristianità (ce ne sono molte )che vivono nei paesi musulmani, la maggior parte dei quali di tradizione sunnita.
Questi cristiani sono stati organizzati in « millets », cioè a dire in nazioni, dal potere Ottomano, (Tanzimat del 1839 e Islahat del 1856). Questi firmani del Sultano hanno dotato ogni giurisdizione ecclesiastica di personalità morale di diritto pubblico, Quando i cristiani evocano la loro presenza nel Levante, fanno inconscio riferimento a questo sistema. Il sistema dei millets del 1856 ha dunque permesso a questi gruppi umani di avere delle garanzie e di sentirsi in qualche modo protetti.
Cristiani d’Oriente significa dunque anche « cristiani dell’Islam ». Questi millets/nazioni sono dunque, parlando in termini secolari, delle categorìe interne al diritto pubblico musulmano. Queste categorìe sono delle divisioni e suddivisioni prodotte dalla movimentata storia della Chiesa e delle giurisdizioni che sono apparse in seguito alle dispute cristologiche di un tempo nonché del movimento uniate (cioè di unione con Roma da parte di realtà ecclesiali gréco-ortodosse) dal XVII/XVIII secolo. Storicamente, si conosce la rivalità che opponeva queste giurisdizioni ecclesiastiche tra di loro e che, spesso, hanno polemizzato più tra loro stesse che con il potere musulmano.
Le minoranze e la loro protezione
La « protezione delle minoranze » di cui si parla molto dallo scoppio delle rivolte siriane potrebbe dunque significare un desiderio di mantenere lo stato quo dei « millets » così com’era nell’epoca ottomana e che è sopravvissuto all’Impero degli Osmanlis. Questo perché il dialogo islamo-cristiano, in Oriente, dovrebbe agganciarsi ai problemi di diritto pubblico prima che alla discussione teologica che tutto il mondo conosce : Maria e Gesù nel Corano. Tutto questo succede come se i cristiani non riuscissero più ad uscire dalla matrice identitaria del « millet/comunità/confessione » . C’è come una difficoltà prudente, per i cristiani, ad abbandonare questa matrice e incamminarsi verso lo spazio pubblico cittadino che gli garantirebbe i diritti di ognuno.
La grande questione alla quale i « millets » cristiani ma anche i gruppi musulmani evitano di rispondere é: come essere cittadini ? Chi sono io nello spazio pubblico ? Sono me stesso, interamente e pienamente ? O sono la eco di una realtà esterna a me stesso ? E’ questo me che è membro sovrano in seno al mio gruppo « ecclesiale » o è questo gruppo che vive in me ?
Le sfide attuali
Le società musulmane conoscono le turbolenze che noi vediamo davanti ai nostri occhi. DALLA rivoluzione islamica iraniana del 1979, l’Oriente è praticamente spinto in una spirale senza fine, che prima di tutto e soprattutto, cerca di diffondere questo idéale rivoluzionario di Khomeiny e di esercitare una sorta di egemonia sull’insieme del mondo musulmano o, quanto meno, sul Levante arabo.
A fronte della situazione nell’opinione pubblica sunnita è piuttosto confusa, direi molto confusa. Dalla fine del Califfato (1924) , il mondo musulmano non ha più riferimenti unici (pronunciare fatwas, dichiarare la guerra santa….) . Diverse reti si presentano come istanze di riferimento, l’ultima in ordine temporale è Daesh/ISIS.
MA la società sunnita è attraversata da un’importante linea di frattura tra conservatori da una parte ( ce ne sono diversi) e gli « spiriti illuminati » dall’altra che non temono di riconoscere le sfide della modernità e di dialogare con essa. E’ questa corrente illuminata che abbiamo visto comparire all’inizio delle rivolte siriane e che è stata schiacciata brutalmente dalla repressione ma anche e soprattutto dall’islamizzazione del conflitto grazie all’intervento del régime siriano e dei governi della regione.
Questa corrente illuminata è presente soprattutto in Libano. Gli accordi di Taif del 1989 sono il loro slogan. I cristiani libanesi vedendo in Taif le necessarie concessioni politiche che hanno dovuto fare per porre termine alla guerra civile. Non vedono la rottura che Taif ha introdotto. Taif ha fatto uscire i cristiani dal girone del millet e li ha riconosciuti come Partner a tutto tondo, paritari. E’ come se Taif avesse riconosciuto dei limiti alla Terra dell’Islam (nozione di diritto pubblico per dire la rendita dell’Islam). I cristiani, con Taif, non sono più automaticamente assimilati alla Terra della Guerra (la Rendita della Guerra) obbligati a sottomettersi all’armistizio che davvero dei dhimmis. E’ questo problema antropologico che costituisce il tallone d’Achille della percezione della presenza cristiana. Come diceva un responsabile sudanese : parlando della lotta identitaria nel suo paese : « Noi abbiamo bisogno di una Taif per il Soudan »
Le strategie
Diversi assi strategici si offrono ai cristiani e ai loro concittadini di altre confessioni :
Per le Chiese orientali, tutte giurisdizioni senza distinzione.
L’asse antropologico. La promozione della modernità in quanto cultura dell’individuo, della persona umana. 1. L’asse culturale. Il discorso cristiano, innanzitutto in Siria, è un discorso « minoritario » che chiede la protezione straniera dovuta dei « millet » come nel XIX secolo.
2. L’asse sociale : i cristiani sono innanzitutto degli apostoli di giustizia, sono solidali con la vittima. Oggi in Medio Oriente è chiaro che la vittima principale è la corrente illuminata del sunnismo.
3. Asse religioso. I cristiani sono perseguitati ? Sono « discriminati » in base alla sharia nello Stato Islamico. Ma questi ultimi massacrano a centinaia i musulmani che rifiutano il loro sistema.
4. Asse teologico : Se deve esserci dialogo, questo avrà un unico scopo : come riconciliarsi con Ismaele ? Abbiamo il coraggio di uscire e di correre dietro Ismaele, al fine di riportarlo a casa e dividere con lui l’eredità comune ? Solo la Chiesa può affrontare una simile sfida storica con parole e iniziative profetiche .Non si tratta di negoziare su dogmi ma di un meccanismo differente che va inventato. Essere cristiani in Medio Oriente oggi vuol dire salire sulla Croce della vittima innocente e rivolgersi al mondo in nome della giustizia.
Il piano politico
L’urgenza primaria è di rendere giustizia al popolo palestinese. Questa è la pietra angolare di ogni iniziativa.
Poi c’è la necessità di un impegno serio al fianco dei popoli arabi che non devono essere respinti come integralisti, jihadisti, takfiri. Il sostegno a un islam dei lumi è un problema politico di assoluta rilevanza. La costruzione di una nuova visione euro-mediterranea . Un Piano Marshall EURO-ARABO(Ue+ Consiglio per la Cooperazione nel Golfo+Lega Araba) deve essere messo in opéra per portare il Levante fuori dalla sue rovine fisiche e culturali.