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La sconfitta di D’Alema

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L’on. Walter Veltroni ha vinto dieci a zero e, per ora, l’on. Massimo D’Alema ha perduto. Certo, l’annuncio del fondatore del Partito democratico ha spiazzato tutti i di rigenti democratici, Ma soprattutto espone l’esterno amico-rivale alla responsabilità di una scelta in quanto D’ Alema non ha ancora preso una decisione su quello che farà.  Lo sketch che l’attuale presidente del Consiglio  Matteo Renzi ripete sempre, e con successo, nel suo giro d’Italia per le primarie riguarda proprio lui, D’Alema:” “D’Alema dice che, se vinco io, finisce il centro-sinistra, io dico che  rischia di finire è la sua carriera politica”. E giù applausi. Chiunque ne sarebbe infastidito e innervosito, notano i collaboratori dell’ex presidente del Consiglio.

Non è un caso che oggi, a poche ore dall’annuncio dell’on. Walter Veltroni, più di seicento politici, imprenditori, esponenti dell’associazionismo e del mondo accademico del Sud  hanno acquistato una pagina dell’Unità pubblicando un appello a favore di D’Alema,” punto di riferimento nella battaglia per la “sfida di governo”. Ma l’attuale presidente della Fondazione Italiani/Europei non ha ancora deciso e a questo punto si prenderà un poco di tempo prima di annunciare la sua decisione. Molti nel partito fanno notare che il leader pugliese sarebbe il candidato ideale per qualche incarico europeo di prestigio anche alla presidenza del Parlamento  di Strasburgo. Del resto sarà proprio il partito a fissare eventuali deroghe fissate dallo Statuto e voluta proprio dal segretario di allora Veltroni del tetto dei quindici anni in Parlamento.

Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato e in parla mento da venticinque anni, si rimette alle decisioni del partito e non nasconde di essere molto amareggiata. E Rosy Bindi che è vicepresidente della Camera confida nella sua carica di presidente dell’Assemblea nazionale del Partito democratico per contribuire a dettare i criteri per fissare le deroghe. Nessun problema ha Dario Franceschini che è capogruppo alla Camera ed è parlamentare soltanto dal 2001. Ed è da quindici anni in parlamento anche l’ex popolare Giuseppe Fioroni che ha già annunciato di non voler mollare. E lo stesso vuole fare l’ex ministro Livia Turco che si ritirerà soltanto se lo faranno gli altri come ha detto Anna Serafini, moglie di Piero Fassino.  Ci stanno pensando da tempo Marco Follini ed Enrico Morando e non si ricandideranno più né Franco Marini né Pier Luigi Castagnetti. Come è fuori dal parlamento l’ancora giovane Giovanna Melandri eletta la prima volta a Roma nell’anno 1994 del primo governo Berlusconi.


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