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Je suis Charlie. Normalità, dubbi e certezze tra i francesi dopo lo choc terroristico

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da Parigi –  Ad una settimana dalla grande “Marcia repubblicana” di 4 milioni di persone che hanno mostrato al mondo intero l’orgoglio dei francesi per la difesa dei diritti fondamentali di libertà, la vita di tutti i giorni non sembra poi tanto sconvolta. A Parigi ci si accorge dello stato di emergenza terrorismo solo da alcuni cartelli col triangolo rosso, “Vigipirate/Alerte Attentat!”, affissi nei negozi dei quartieri a maggioranza ebraica, e dalla presenza di soldati e poliziotti armati di tutto punto davanti a sinagoghe, moschee e scuole ebraiche.

Per il resto, i parigini già dal giorno della manifestazione avevano ripreso a frequentare senza paura i caffè, le brasserie, i mercati rionali del sabato e della domenica, le vie rumorose dei quartieri ebraici, come la storica Rue des Rosiers nel Marais. La normalità dei comportamenti è il miglior antidoto alla situazione di emergenza per non essere isolati ed impauriti e quindi sconfitti dal ricatto jihadista.

Ai chioschi dei giornali moltissime persone chiedono ancora di poter acquistare copie dell’ultimo numero di Charlie Hebdo, nonostante siano andate esaurite 7 milioni di copie in pochissimi giorni. Gli edicolanti ci fanno vedere lunghi elenchi di prenotazione: “per martedì ci sarà una nuova ristampa”, assicurano. Ma, intanto, anche l’altro settimanale satirico-politico Le Canard Enchainè è andato tutto esaurito e si aspetta un’altra edizione straordinaria. I francesi amano leggere sulla carta stampata, quanto informarsi su internet. Di fronte alle emergenze sociali non attendono partiti o sindacati per organizzarsi e scendere in piazza, ma spontaneamente lo fanno. E con grande senso di responsabilità.

Anche sul fatto se sia o meno lecito ironizzare Dio, santi e profeti, Gesù Cristo e Maometto, i francesi non hanno dubbi: secondo l’ultimo sondaggio IFOP, il 57% ritiene giusto continuare a pubblicare vignette satiriche di questo genere e difendere così la libertà d’espressione, mentre un 42% vorrebbe limitare questa libertà “per tener conto delle reazioni alla loro pubblicazione”. Nel 2012, subito dopo la pubblicazione delle vignette irriverenti su Maometto su Charlie Hebdo (che subì un attentato incendiario con la distruzione della redazione), sempre l’IFOP aveva condotto un sondaggio che rivelava percentuali meno favorevoli: il 47% dei francesi era contrario alla pubblicazione, contro il 51% dei difensori del diritto alla libertà totale di espressione.

“Ogni volta che facciamo una vignetta su Maometto, sui profeti, su Dio, noi difendiamo la libertà di religione”, è stato il commento del caporedattore di Charlie Hebdo, Gèrard Biard in un intervista alla Tv americana NBC. E replicando alle dichiarazioni del Papa Francesco che sarebbe meglio limitarsi sulla satira verso le religioni e di aspettarsi anche una reazione dura, una volta “provocati”, pur se vanno condannati coloro che uccidono in nome di Dio, Biard ha replicato: “Noi diciamo che Dio non debba essere una figura politica o pubblica. Deve essere una figura privata. Noi difendiamo la libertà di religione. La religione non deve essere un argomento politico”.

E così il popolare quotidiano centrista Le Figaro si interroga “se i Francesi siano schizofrenici” di fronte a comportamenti come quelli di milioni di persone che hanno manifestato per le piazze del paese e ai milioni di lettori che hanno comprato il numero speciale di Charlie, per poi però dirsi favorevoli a nuove misure di sicurezza “che potrebbero limitare le loro libertà” (il 76% degli intervistati dal sondaggio dell’Odoxa), pur di contrastare il terrorismo. E inoltre, secondo il Journal du Dimanche, che ha pubblicato il sondaggio IFOP, il 50% dei francesi, contro il 49%, sarebbero favorevoli a limitare la libertà di espressione su internet e sui social network.

Ecco allora che il presidente François Hollande, in forte ripresa nei sondaggi (+21% in una settimana), di fronte alle crescenti proteste islamiste dei governi che pure erano stati presenti alla Marcia Repubblicana dell’11 gennaio, e alle manifestazioni violente contro Charlie Hebdo, gli incendi di chiese e la morte di alcune decine di cristiani, ha espresso il suo attaccamento ai valori fondanti della repubblica: “La Francia ha sempre avuto dei principi, dei valori, e tra questi valori c’è notoriamente anche la libertà di espressione”.

Quegli stessi valori che hanno permesso al comico Dieudonnè, accusato di antisemitismo, negazionismo e apologia di terrorismo dalla magistratura parigina, di fargli tenere lo spettacolo “La bestia immonda” a Strasburgo, davanti a 3.500 spettatori. Vestito con una tuta arancione, come i prigionieri fondamentalisti di Juantanamo, con le mani incatenate, facendo finta di sparare sul pubblico con un fucile finto, Dieudonnè ha declamato: “Se io metto sotto un giornalista, per di più ebreo, riaprono il Processo di Norimberga”, riferendosi al giornalista, di religione ebraica, Patrick Cohen, che lo ha più volte criticato per i suoi spettacoli antisionisti e negazionisti.

Nel frattempo, rischia di creare un caso diplomatico tra la Francia e la Cina la copertina di un’altra rivista satirica, Fluide glacial, che ha ironizzato sulla massiccia presenza di cinesi e la loro intraprendenza imprenditoriale e finanziaria.

“Pericolo giallo, e se fosse già troppo tardi?”. Sullo sfondo di una Parigi un po’ pezzente con negozi dalle scritte francesi e cinesi, avanza un risciò trainato da uno stazzonato francese con la sigaretta in bocca, il naso da gran bevitore, mentre seduti comodamente con fare equivoco se la godono un ricco cinese e la sua accompagnatrice bionda. Un giornale di Pechino, il Global Time, molto vicino al Partito comunista cinese, si è “indignato per l’indecenza”. E nell’editoriale, intitolato “La deriva della libertà d’espressione potrebbe aggravare i conflitti”, ha così stigmatizzato l’ironia transalpina: “Forse questa rivista cerca di attirare l’attenzione del mondo intero, seguendo l’esempio di Charlie Hebdo. Si può solo ormai consigliare alla società francese di fermarsi nel rappresentare l’immagine del Profeta. Se i francesi considerano che un tale aggiustamento sarebbe per loro come una decadenza, allora la loro ricerca di libertà d’espressione apparirà sempre più simile ad una religione”.


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