BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Je serais aussi Dieudonné

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La Francia ha arrestato il comico Dieudonné. Personalmente lo ritengo esilarante eccezion fatta per alcune performance che mi procurano quel profondo incontrollabile fisico senso di repulsa/orrore che la satira può provocare (compresa quella di Charlie ovviamente). E’ umano che tutti noi preferiamo stare bene piuttosto che pesantemente disturbati e da qui preferire allontanare ciò che ci disturba è altrettanto umano. Per assurdo dunque: ove la maggioranza dei cittadini -ovviamente in stato di democrazia- fosse concorde a che quelle performance non hanno da essere, i legislatori dovrebbero legiferare per vietarle? Il punto è proprio questo: la libertà d’espressione è dunque incastonata nella legislazione del Paese oppure è parte integrante d’indissolubile diritto naturale dunque universale? In tal senso, per esempio, fo notare che alcune vignette di Charlie nel nostro Paese sarebbero state perseguite penalmente (artt. 403, 404 e 405 CP dopo l’ultima modifica del 2006). Sui mezzi pubblici italiani fino al 1999 (anno in cui si depenalizzò la bestemmia che oggi resta comunque illecito amministrativo) s’affiggeva una targhetta di metallo: “si ricorda che la bestemmia è reato” e che dire del fatto che solo nel 1984 rinunciammo alla “religione di stato (cattolica ovviamente)” e che ci volle una sentenza costituzionale nel 1995 per legiferarci che “la condotta sanzionabile per l’offesa alla divinità venerata era per ogni credo religioso e non più solo per quella cattolica? Ecco.

Nel caso Dieudonné -perseguito in Francia da anni per la sua satira considerata antisemita e oggi arrestato niente meno che per apologia di terrorismo (io, il suo “Je suis Charlie Koulibaly” l’avevo capito in quanto che lui è Charlie, ma per troppi francesi è considerato come l’assassino del supermercato kasher, ma ovviamente è solo mia personalissima opinione…)-  ebbene  possiamo dire che anche in Francia la libertà d’espressione è limitata per legge,  dunque è “affare nazionale” e non già diritto universalmente naturale come ci piace(rebbe)  pensare, vivere ed esprimere.


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