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“Imparare da Atene”

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“Imparare da Atene” è il titolo preannunciato con grande anticipo, della prossima edizione di Documenta XIV, diretta dal giovane polacco Adam Szymzyk , e in programma dal 10 giugno al 17 settembre del 2017 a Kassel, ma non solo. Come  è noto questa manifestazione , nata nel 1955, per riprendere le fila dell’arte contemporanea, dopo la devastante azione contro “l’arte degenerata” operata dai nazisti, è la più importante manifestazione europea in questo campo, insieme alla Biennale di Venezia.Con una cadenza quinquennale. Nella prossima edizione, per la prima volta, la manifestazione si svolgerà oltre che nella cittadina tedesca, nella regione dell’Assia , anche ad Atene.

Questo per due motivi. Il primo politico, come ha dichiarato lo stesso Szymzyk,  lo scorso ottobre. Risarcire la Grecia dei danni causati da una spietata politica d’austerità, tale da ridurre Atene nella condizione in cui si trovava Kassel nel dopoguerra. L’altro motivo,  ovviamente, è di tipo culturale. Un ritorno alle origini della cultura europea ovvero  all’arte classica. Quello di Documenta non è un fatto sporadico. Molti direttori di musei, di manifestazioni o di istituzioni hanno manifestato la necessità, dopo l’esplosione creativa legata soprattutto ai nuovi social media, di riflettere sul futuro dell’arte contemporanea , riprendendo le file con autori “classici” finora trascurati.

Su questa linea, e per questo molto criticato dai più resistenti “avanguardisti, è certamente Vincenzo Trione, il curatore del Padiglione Italia all’ormai imminente edizione, la 56°, della Biennale di  Venezia. Che ha programmaticamente scelto come titolo per la sua manifestazione “Codice Italia”.  A ribadire  come la dimensione della scoperta si debba innestare nel solco di una tradizione. Del resto lo stesso Trione aveva curato, nel 2013,  la mostra “Post classici”, invitando gli artisti italiani ad esporre al Foro Romano e al Palatino: un confronto con l’antichità romana che comunque comporta un “dialogo sempre incerto” asseriva. Il confronto non come passiva ripetizione, ma come  possibile fonte di creative ? lacerazioni.

A sorprendere tutti, infine, la Fondazione Prada che inaugurerà, il prossimo 9 maggio, la sua nuova sede di Milano (19.000 mq di cui 11.000 per esposizioni), frutto di una riqualificazione di un’ ex area industriale,  su progetto di Rem Koolhaas, il direttore  della mostra di architettura, appena conclusasi a Venezia. Prevista una grande festa, con installazioni di due star dell’arte, quali Robert Gober e Thomas Demand e   la regia dell’evento firmata da Roman Polanski .

Fin qui tutto normale. La mostra d’esordio vira, invece al classico, anzi punta dritta sull’arte greca: tanto è vero che a curarla è Salvatore Settis. Anzi doppia mostra. La prima a Milano “Serial classic” : 70 opere che hanno come filo conduttore la replica dei capolavori greci, magari perduti,  a cominciare dalle copie fatte nell’antica Roma e fino al Neoclassicismo. La seconda, in contemporanea , ma nella sede veneziana di Ca’ Corner della Regina,  “Portable classic” , capolavori a portata di mano, ovvero le riproduzioni in miniatura, così care ai ricchi  collezionisti del Rinascimento, della grande statuaria antica compreso gruppo del Laocoonte e il monumento  equestre di Marc’Aurelio.


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