Giorni difficili, giorni di protesta, giorni di disagi per chi si muove nella città, per chi entra e chi va via, in una Taranto agitata da mille nuove problematicità legate al mondo dell’acciaio e di tutto ciò che è nel tormentato percorso di una azienda siderurgica che non riparte, che non risana, che non assume e dalle cui sorti dipendono tante famiglie, e da cui tanti hanno ricevuto stipendi e malattie .
Mobilitazioni, scioperi, sindacati metalmeccanici, lavoratori dell’indotto Ilva, lavoratori degli appalti, edili, metalmeccanici, servizi, un alternarsi continuo di blocchi stradali attuati per ore ed a singhiozzi sulla Strada Statale 106 per Reggio Calabria e sulla Strada Statale 7, che tornano percorribili solo nel fine settimana.
La protesta continua comunque in un presidio permanente davanti a Palazzo di Città e nasce dalla situazione ormai grave in cui si trovano questi lavoratori per la sospensione delle attività da parte delle imprese e di pagamenti che non arrivano, spettanze che vanno accumulandosi in questo ultimo anno.
I sindacati di Filcams, Filctem Fillea e Fiom Cgil, in una nota congiunta, affermano che l’avvio dell’Amministrazione Straordinaria per l’Ilva, quale primo atto del percorso previsto dal decreto e la nomina dei tre commissari, offre ora la possibilità di un confronto diretto su temi quali il bacino occupazionale da salvaguardare attraverso la clausola sociale, quale strumento di riferimento reale per la tutela dei livelli occupazionali e il ristoro dei crediti pregressi che, ove avvenisse, deve vedere soddisfatto innanzitutto il pagamento delle spettanze dei lavoratori del sistema degli appalti.
Proposte di modifiche a questo decreto per Taranto e la sua industria riguardano essenzialmente punti importanti come la garanzia occupazionale per tutti, anche per l’indotto, la sicurezza di risorse per risanare gli impianti. Serve dunque un confronto significativo fra sindacati, Governo e Commissari, servono verifiche per dare reali e chiare risposte a chi oggi protesta. Si chiede, in sostanza alle imprese locali che facciano rete, rendendosi conto del vero patrimonio di cui dispongono rappresentato dalle professionalità e dall’esperienza delle maestranze.
I lavoratori dell’indotto, circa tremila, cercano soluzioni, chiedono azioni concrete, hanno paura di non ricevere più stipendi, le aziende collegate temono di non avere più lavoro. L’altra mattina è stata occupata, in modo pacifico e solo per un gesto di protesta, l’aula consiliare, ma la città intera ha risentito dei disagi di un traffico che ha comportato ritardi e problemi a tutti i cittadini.
Se non dovessero arrivare risposte serie e concrete per i lavoratori, esasperati, la protesta potrebbe non restare civile perché si tratta di un futuro davvero incerto, ma la città a questo punto si divide come sempre in due. Da una parte c’è chi di quella fabbrica vorrebbe ancora vivere, sperando in un risanamento e in concretezze in termini di garanzie occupazionali e chiede legittimamente di poter lavorare, dimenticando però di che fabbrica si parli in realtà.
Perché, poi, dall’altra parte, c’è chi muore di quella fabbrica, raccogliendo pezzi di una vita tra amianto e minerale, di nomi difficili, di mesotelioma pleurico, leucemia, e non sa più con quali occhi piangere. E mentre guida per andare a lavorare non l’accetta quel blocco stradale, non l’accetta quella protesta, perché non sempre riconosce tra i protestanti qualche volto amico, qualche parola di conforto nelle lunghe attese per una chemioterapia di un amico, di un parente.
E solidale non si sente con chi chiede certezze economiche bloccando la città e non la fabbrica. La solidarietà è valore che diventa alto se reciproca, e a certe persone, a uomini e donne che di quella fabbrica hanno pianto, non si può chiedere …eppure anche il rancore diventa piccolo, soffocato dal dolore.
Quello che anche oggi una famiglia e tutti i suoi amici hanno provato, per un altro uomo, un uomo buono, volato via perché uno di quei nomi difficili un giorno gli ha detto che in una mattina di gennaio avrebbe salutato per sempre i suoi cari. Era Angelo, ex operaio Ilva, che fino all’ultimo ha lottato. Lui, come tanti, ha pagato con la vita.
Adesso paghino gli altri, coloro che hanno permesso tutto questo. E la solidarietà sia sempre con chi lotta prima per la vita e poi per il lavoro, perché da vivi si può lavorare, non in altre dimensioni.