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Ebola: Save the Children, infermiera scozzese finalmente guarita dal virus

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Nel Centro di Kerry Town, dove aveva operato l’infermiera, è appena stato dimesso un bambino di 12 anni, il 100esimo paziente che ha sconfitto il virus.

“Siamo felici per Pauline Cafferkey, che ha finalmente sconfitto Ebola e per la sua famiglia che può finalmente riabbracciarla”. Così Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia – l’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti –  saluta la notizia della completa guarigione dell’infermiera scozzese volontaria, che ha lavorato presso il Centro di trattamento per l’Ebola di Save the Children  in Sierra Leone e che all’inizio di gennaio era rientrata nel suo Paese e aveva accusato i primi sintomi di contagio del virus.

“Nonostante i rischi per la propria sicurezza, Pauline si era offerta volontariamente di mettere a disposizione le sue competenze di infermiera per contribuire a salvare le vite dei malati di Ebola nel nostro Centro di trattamento a Kerry Town, in Sierra Leone”, continua Valerio Neri. “Qualche giorno fa, proprio da quel Centro, è stato dimesso il centesimo paziente che ha sconfitto il virus, un ragazzino di soli 12 anni. È anche grazie al coraggio di Pauline e di tutti coloro che ogni giorno stanno lavorando per combattere il virus, che questi risultati sono stati possibili. Per questo siamo ancora più determinati a continuare il nostro lavoro e i nostri sforzi per vincere la malattia”.

Ebola ha ucciso moltissimi operatori sanitari nei paesi colpiti dal virus. “Il ruolo dei medici e degli infermieri come Pauline, che volontariamente hanno deciso di recarsi in questi Paesi e offrire il loro aiuto ai malati, è stato ancora più prezioso e continua ad essere determinante nella lotta all’Ebola”, continua il direttore di Save the Children.

Prima dello scoppio dell’epidemia di Ebola, in Sierra Leone c’erano solo 127 medici, uno ogni 45.455 persone. La Liberia aveva 8 ospedali ogni 10.000 abitanti a fronte di Paesi come l’Italia che hanno 36 ospedali ogni 10.000 abitati. In Liberia il governo spendeva 30 dollari a persona ogni anno sulla salute, in Sierra Leone 34 dollari e in Guinea solo 19 dollari. Nello stesso anno – per fare un confronto – gli USA e la Norvegia investivano 3.278 e 5.080 dollari per ciascun abitante ogni anno sulla salute. L’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda che il minimo essenziale di spesa sulla sanità per ogni abitante, debba essere di almeno 60 dollari a persona.

“I sistemi sanitari in Guinea, Liberia e Sierra Leone erano già in condizioni precarie prima dello scoppio dell’epidemia di Ebola e quest’ultima li ha fatti definitivamente collassare”, spiega Valerio Neri.

“Gli operatori sanitari a disposizione non erano sufficienti né a sostenere  le necessità sanitarie di base di quei Paesi, né tantomeno per affrontare l’epidemia. L’intervento della comunità internazionale è stato fondamentale, grazie anche al contributo di queste donne e di questi uomini che hanno sostenuto e stanno ancora sostenendo la lotta all’Ebola”.

Oltre ai più di 21.000 casi segnalati e ai più di 8.000 morti, con l’epidemia i bambini e le loro famiglie adesso hanno timore ad andare negli ospedali per paura di contrare il virus e quindi anche malattie comuni e curabili come la malaria o la diarrea, stanno diventando mortali soprattutto per chi è più vulnerabile come i bambini. “Siamo di fronte a un’intera generazione a rischio. Questi bambini hanno subito dei traumi devastanti, hanno perso i loro affetti e vivono in un paese in cui vi è un forte rischio di insicurezza alimentare. Da circa un anno non possono andare a scuola e mancano delle basi più elementari di cui hanno bisogno per sopravvivere”, afferma Valerio Neri. Si stima infatti che l’impatto economico dell’epidemia in questi tre paesi supererà i 2 miliardi di dollari nel 2014-2015. Oltre alle conseguenze economiche ci sono le conseguenze sociali, che ricadono soprattutto sui bambini: sono oltre 12.000 i bambini che hanno perso uno o entrambi i genitori e che ora si trovano di fronte ad un futuro incerto. Le scuole sono chiuse dall’inizio dell’epidemia e sono circa 5 milioni i bambini che non possono frequentare le lezioni.

La risposta di Save the Children all’emergenza Ebola. Save the Children ha immediatamente risposto all’emergenza Ebola in Sierra Leone, Liberia e Guinea, con la priorità di fermare la malattia, sia attraverso una campagna di prevenzione e sensibilizzazione di massa, che attraverso un intervento sanitario diretto, in Sierra Leone e Liberia, dove sono stati allestiti Centri di Trattamento per la cura dei malati.

In Liberia – grazie all’intervento di Save the Children – sono state raggiunte direttamente 34.000 persone, grazie ai programmi di prevenzione nella trasmissione del virus. Sono state costruite due Unità di trattamento per la cura dei malati e due Centri di cura comunitari per fornire un primo rapido screening e conseguente isolamento per coloro che manifestavano i primi sintomi del contagio. I bambini, le cui vite sono state colpite direttamente o indirettamente dal virus, sono stati sostenuti dal puto di vista psicologico ed emotivo.

In Sierra Leone Save the Children ha dato sostegno e formazione ad oltre mille operatori sanitari a Free Town e ha raggiunto quasi 100mila persone con la sua campagna di sensibilizzazione. Ha inoltre fornito assistenza e supporto ai minori non accompagnati e agli orfani dell’Ebola. L’organizzazione – grazie al sostegno del Governo britannico – ha costruito un Centro di Trattamento a Kerry Town, con 80 posti letto.


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