Alla Camera dei Deputati, nella cui Commissione Giustizia si devono rivedere le modifiche alla legge sulla Diffamazione a mezzo Stampa, riparte la discussione parlamentare ed anche il confronto con i giornalisti e le Associazioni. E’ la prima buona notizia di queste ore: dopo la mobilitazione delle settimane scorse, culminata con la raccolta di firme in calce ad una petizione che ha raccolto molti consensi autorevoli nel mondo dell’informazione e tra Giuristi autorevoli, arriva una importante apertura da parte del Parlamento. Alcune delle norme più importanti sulla rettifica, sui blog, sulle Querele Temerarie, sulle multe sostitutive del carcere ma anche sulle responsabilità dei direttori, saranno affrontate in Commissione Giustizia della Camera, per iniziativa dei Parlamentari che quindi non si limiteranno ad una semplice approvazione del testo votato dal Senato il 29 ottobre 2014.
L’iniziativa del presidente Donatella Ferranti porterà sicuramente ad una ampia discussione e ci auguriamo che si arrivi alle modifiche chieste anche dal mondo dell’Informazione e dalle Associazioni che hanno a cuore i diritti dei cittadini ad essere tutelati, ma anche ad essere informati correttamente e senza condizionamenti esterni. Non importa, a nostro avviso, se la Legge dovrà eventualmente tornare al Senato per un ulteriore approfondimento e approvazione definitiva: non può esserci fretta in una materia così delicata che tocca i diritti fondamentali dei cittadini e dell’informazione in un paese democratico.
Non abbiamo dubbi che i parlamentari esamineranno bene le contraddizioni, i punti deboli e le norme (per noi) sbagliate della riforma arrivata dalle letture precedenti ; così come siamo sicuri che i deputati sapranno introdurre quei punti positivi ,come l’abolizione del carcere per i giornalisti e quelle modifiche alla legge 47 del 1948 che adeguano le norme alla attuale situazione del mondo dell’informazione e della comunicazione, totalmente cambiato da quel dopoguerra nel quale esisteva solo la radio mentre la televisione era ancora da sperimentare. Per questo abbiamo redatto un “modesto” appunto che riproponiamo all’attenzione del mondo dell’Informazione, dei lettori ed anche dei parlamentari , con le osservazioni ed i punti di positività e criticità che possono essere risolti dai lavori parlamentari.
Con una premessa: come è accaduto in questo recente passato seguiremo con attenzione i lavori delle camere legislative, con l’obbiettivo di far uscire dai rappresentati delle nostre istituzioni la miglior legge possibile. Sono in gioco molti dei diritti fondamentali della nostra democrazia.
I “pro” della riforma
1) Eliminazione della pena detentiva (carcere) per il reato di diffamazione a mezzo stampa.
2) Introduzione dell’obbligo da parte del direttore responsabile di informare l’autore dell’articolo della richiesta di rettifica. L’autore dell’articolo (nel caso, ovviamente, si accorga di aver scritto qualcosa di “sbagliato”) puo’ chiedere al direttore di pubblicare la rettifica o la smentita. Se il direttore non accoglie tale richiesta e’ punibile solo lui (il direttore) mentre viene esclusa ogni responsabilita’ penale dell’autore dell’articolo.
Oggi accade molto frequentemente, infatti, che l’autore di un articolo ritenuto diffamatorio venga condannato a cospicui risarcimenti, anche se aveva immediatamente segnalato al suo direttore l’errore commesso nella diffusione della notizia “incriminata” ed aveva lui stesso chiesto, inascoltato, di procedere alla doverosa smentita o alla rettifica.
3) Prescrizione breve per l’esercizio dell’azione civile di risarcimento dei danni derivanti da diffamazione a mezzo mass media (2 anni rispetto all’ordinario termine decennale di prescrizione dell’azione civile)
4) Eliminazione dell’ulteriore riparazione pecuniaria, attualmente prevista in caso di accertata diffamazione a mezzo stampa, ai sensi dell’art. 12 della vigente legge n. 47/1948
5) Non punibilita’ (in ambito penale) in caso di pubblicazione della rettifica (nei termini ovviamente prescritti dalla legge). Attualmente la pubblicazione della rettifica non esclude la responsabilità penale.
6) Estensione del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti. Attualmente l’art. 200 c.p.p., riconosce questa guarantegia professionale solo ai giornalisti professionisti regolarmente iscritti all’albo. Si potrebbe ,però, valutare l’opportunità di estendere questa garanzia a tutti coloro che scrivono su testate giornalistiche regolarmente registrate tutelando in tal senso anche i free lance ed i cronisti più giovani che non risultano giornalisti né pubblicisti, né professionisti, e che spesso conducono inchieste assai delicate esponendosi a rischi enormi).
I punti negativi della riforma
1) Obbligo di pubblicare la rettifica senza alcun commento ed integralmente. Questo articolo va modificato per molte ragioni: obbliga i giornali a non intervenire redazionalmente sulle rettifiche pervenute, regalando una tribuna a chiunque, anche ai peggiori mafiosi, per affermare le proprie posizioni , senza possibilita’ di intervento di sintesi da parte della redazione del giornale. Inoltre vanno ben specificate le modalita’ di risposta del giornalista ( o direttore o vice direttore) che quindi dovrebbe essere reintrodotta, alla rettifica chiesta da un cittadino. Nella genericita’,infatti, si rischia di fare un danno alla verita’ dei fatti, oltre che al giornalismo ed alla persona che si sente diffamata.
2) Obbligo per le testate on line di pubblicare la rettifica entro un termine brevissimo (due giorni dalla richiesta).non se ne capisce la ragione: due giorni sono pochi per accertare se c’è stato un errore e come rimediare.
3) Competenza del giudice del luogo di residenza della persona offesa (querelante) nel caso di presunta diffamazione effettuata tramite internet. Ciò comporterà enormi oneri a carico del “giornalista web” che dovrà “girare” l’Italia ed il mondo per difendersi anche rispetto alle querele più temerarie. il foro competente deve tornare ad essere quello della residenza del giornalista e/o della testata registrata.
4) Assenza di una normativa piu’ rigorosa in grado di arginare il fenomeno crescente delle querele e/o azioni civili temerarie. L’introduzione dell’eventuale condanna al pagamento, a favore della cassa delle ammende, in caso di querela temeraria, di una somma da 1.000 a 10.000 euro non ha alcuna reale efficacia deterrente rispetto a questa grave forma di abuso del diritto di azione giudiziaria. La cifra delle ammende andrebbe almeno aumentata portando almeno le somme “da 3000 a 30.000 Euro”. Oppure, come richiesto dalle organizzazioni di categoria dei giornalisti in questi anni, si può introdurre per legge che il querelante depositi somme che vanno dal 10 al 50 per cento della cifra che si chiede come risarcimento. Va comunque chiarito che questo comma 3-bis dell’articolo 427 del codice di procedura penale riguarda, appunto, la querela in ambito penale. Le vere querele temerarie vengono però quasi sempre presentate al tribunale civile, con richiese di risarcimenti spesso milionarie quanto avventate. Si può quindi aggiungere una modifica inserendo quale ultimo comma, nell’articolo 96 del codice di procedura civile, rubricato Responsabilità aggravata la seguente frase: “Se risulta che la parte soccombente nel giudizio avente ad oggetto il danno derivante da una pubblicazione ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità ha agito con mala fede o colpa grave e nel contempo risulta accertata la corretta pubblicazione della rettifica prima della notificazione della domanda o la sua omessa richiesta, il giudice, su istanza dell’altra parte, condanna la parte soccombente, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa, ma comunque in misura sino al 50% della somma richiesta con l’azione.”
L’emendamento emerso invece dal Senato prevede solo che il giudice «può» condannare il querelante «al pagamento a favore del richiedente di una somma in via equitativa» che resta non specificata e che invece andrebbe comunque indicata. Così com’è stata scritta, la norma non è sufficiente per una effettiva deterrenza alle Querele temerarie.
5) Rimane immutata la norma, oramai obsoleta e di fatto disapplicata, di cui all’art. 596 c.p. che esclude formalmente la possibilità di dimostrare la verità del fatto attribuito alla persona offesa e che limita enormemente il ricorso ad un giurì d’onore. Bisognerebbe invece meglio valutare la possibilità di potenziare i poteri del giurì al fine di favorire la composizione di contenziosi, sia in ambito penale che civile, connessi a pubblicazioni giornalistiche.
6) Il direttore o il vicedirettore responsabile puo’ delegare le funzioni di controllo (e quindi ogni responsabilità giuridica) ad uno o piu’ giornalisti professionisti. tale norma può comportare, all’interno di talune redazioni, l’ulteriore esposizione a profili di responsabilità professionale a carico di giovani giornalisti professionisti, spesso costretti, di fatto, ad accettare condizioni di lavoro particolarmente gravose. La norma, poi, toglie responsabilità al direttore ed all’editore, scaricandole sulla redazione o sul redattore singolo che si troverebbe senza copertura editoriale ed economica da parte dell’azienda, quindi di fatto esposto e “intimidito” ,perché isolato, quando affronta temi spinosi come le inchieste sulle illegalità diffuse e mafiose, oppure sulle questioni economiche che coinvolgono grandi aziende nazionali ed internazionali. Inoltre la norma introduce di fatto una nuova figura contrattuale di giornalista, il redattore “giuridicamente responsabile”, inaccettabile controllore di altri giornalisti in quanto delegato dalla direzione aziendale/ editoriale ad evitare querele. A nostro parere, la responsabilità giuridica va ricondotta al direttore o vice direttore della testata.
7) Viene affermata la responsabilita’ personale del direttore o del vicedirettore responsabili per gli scritti o servizi radiotelevisivi non firmati, configurando così un profilo di responsabilità sostanzialmente oggettiva a carico dei vertici della redazione. E’ una norma in contraddizione con quella della delega delle funzioni di controllo ad un redattore, di cui sopra… sembra un pasticcio legislativo, più che un articolo di riforma di una legge così delicata. La norma sugli articoli non firmati va mantenuta, ma agganciata alla norma che riporta la responsabilità giuridica al direttore o vice-direttore della testata.
Il diritto all’oblio
La riforma approvata dal senato prevede che “l’interessato puo’ chiedere l’eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge”. in caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati da parte del responsabile del sito web, l’interessato può avanzare la medesima richiesta all’autorità giudiziaria.Di fatto questa disposizione introduce il diritto all’oblio nel nostro ordinamento giuridico. materia che merita approfondimento in altra sede toccando la questione della privacy, oltre a quella sull’informazione ed il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Sarebbe più logico quindi togliere questo articolo dalla legge modificata al senato ed affrontare la materia in modo completo ,in un futuro speriamo non lontano .