Tutti i media italiani oggi aprono come è giusto che sia sulla stage di ieri a Parigi. Credo che l’impatto mediatico, politico e psicologico sia forse secondo solo a quanto accadde a New York l’11 settembre del 2001. Il cuore laico d’Europa colpito in nome di un fanatismo religioso che uccide soprattutto correligionari in tutto il mondo (Siria, Iraq, Libia per citare solo alcune) , compreso il malcapitato poliziotto francese Ahmed che tutto il mondo ha visto trucidare. Un assalto condotto con feroce determinazione e consapevolezza del grande impatto che esso avrebbe avuto. Terrorismo allo stato puro si dovrebbe dire, la cui matrice pseudo religiosa agisce ancora più profondamente nell’immaginario delle persone, amplificando paure e diffidenze, innalzando muri di sospetti e paranoie. Contribuendo così a creare le condizioni utili a che il proselitismo delirante di questa internazionale assassina trovi nuovi adepti e si radichi.
Ha ragione il filosofo francese Marek Halter oggi a sostenere che l’obiettivo di questi assassini è sottile e insidioso se non analizzato con la necessaria freddezza. Come tutti i terrorismi, anche questo punta a diffondere panico e divisioni, nella speranza – non dichiarata – che lo Stato francese smentisca se stesso rinunciando o limitando gli spazi di democrazia, in particolare colpendo una parte della propria comunità nazionale.
Ha fatto bene ieri il Presidente Hollande nel suo discorso alla nazione a ribadire che per battere questo nemico, si deve lucidamente perseverare nei valori di libertà, uguaglianza e fraternità che sono alla base della Repubblica francese e che costituiscono la innervatura di tante costituzioni nel mondo. Ribadirli con forza e farne una bandiera. Occorrerebbe quindi lanciare una grande mobilitazione civile contro chi vuole odio e divisione, senza ovviamente tralasciare la giusta attività di vigilanza e repressione che però da sole non bastano. Ritengo sia giusto quindi fare appello alla razionalità e al buon senso e non cedere all’onda emotiva montante. Un clima poltico che molte destre in Europa cavalcheranno, con ricette populiste e xenofobe per cinico calcolo elettorale. Una campagna già da tempo abbozzata che ripropone una idea manichea di scontro di civiltà che oggi ha la religione come confine sensibile, ma ieri era la provenienza. La ricerca comunque di una diversità per cercare un nemico da combatte, una comoda scorciatoia a chi cerca solo il consenso senza preoccuparsi della tenuta sociale e civile di una paese. Questa è una tesi pericolosa oltre che grossolana da respingere in toto. Se di scontro si vuole parlare -ma attenzione anche all’uso dei termini- lo scontro c’è, ma riguarda semmai chi all’interno dei confini di una democrazia accetta le leggi vigenti e convive pacificamente aldilà di origini e fedi e quanti perseguendo un obiettivo politico e pseudo religioso provano ad affermarlo con efferata violenza. Questi ultimi sono una infima minoranza da isolare e combattere senza tregua, in primis evitando di scendere su un piano di scontro a loro più congeniale e dall’altro tenendo sempre aperti i canali di partecipazione democratica, di confronto civile e dialogo fra comunità, religioni e forze politiche. Solo costruendo questo ampio fronte civile si può pensare di isolare oggi e sconfiggere domani questo tipo di organizzazioni che uccidono in nome di un Dio che non era lo stesso del poliziotto Ahmed nè dei milioni di nostri concittadini di fede musulmana che da decenni vivono pacificamente in tutta Europa contribuendo al suo sviluppo civile ed economico.