di Claudio Paravati
Con questo editoriale, Claudio Paravati inizia la sua direzione di Confronti. Gli auguri e l’in bocca al lupo di tutta la redazione, dell’ufficio di Confronti e della Cooperativa Com Nuovi Tempi.
C’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo. L’imprevedibile avvicendamento della vita ci è consegnato dalla sapienza antica. Tutto è vanità, per di più, ci viene detto. Questo per ricordare che il mondo consegnatoci è transeunte, manchevole, in continuo movimento. La sfera dei «più», delle molte parole, è quella che ereditiamo, quella dimensione della parola, dell’incontro, della politica, della società nella quale siamo chiamati a esistere, coesistere, intervenire. Le modalità di intervento sono altresì molteplici. In questo fiume nel quale di volta in volta «siamo e non siamo» è la vita che scorre. Noi tutti, uomini e donne, abbiamo la capacità di prendere la parola, di intervenire, contrappuntare quel flusso magmatico, che attraverso le nostre voci e le nostre vite diviene polifonico, polifonia.
Tante sono le voci che si incontrano a Confronti. Le voci degli articoli, i tanti che danno corpo alla lunga storia della rivista. Le voci delle persone che mi hanno accolto. Le voci critiche e quelle di incoraggiamento. I complimenti, i dubbi, i suggerimenti. Confronti convoca ancora attorno a sé una comunità (Com) che pensa e prende posizione sui tempi che cambiano (Nuovi Tempi). Si assegna il compito di stare lì, nel luogo dove la vita manifesta la sua plurivocità. Al confine tra la parola politica e la parola religiosa, dove l’insieme dei logoi costruisce la città, la comunità politica alla quale siamo consegnati.
C’è tempo per ogni cosa sotto il cielo, ed è sotto il cielo che possiamo raccontare, denunciare, vivere e convivere. Possiamo dar voce ai logoi dimenticati o marginalizzati; alla pluralità, anche religiosa. Non per il semplice gusto di essere alternativi, né per il convincimento, seppure legittimo, che di per sé la pluralità significhi ricchezza. Sarebbe ancora troppo poco. Aver cura delle voci significa sforzarsi di far emergere la vita, che di per sé non è un elemento semplice. Essa vive nella molteplicità, si sedimenta nelle idee, nelle istituzioni, nelle collettività, nei tanti soggetti (individuali, collettivi, globali) che vivono la storia. Riconoscere tale dignità alla molteplicità, e quindi avere cura per la vita, quella religiosa, quella politica, quella delle idee, è una lezione storica a cui non è possibile più rinunciare. Eppure tale sapere, il saper stare lì, nel luogo dell’incontro e scontro delle idee, delle identità, lavorando per la cura e la legittimità delle tante voci, è un compito mai conseguito una volta per sempre. È bensì compito da ripetersi ogni volta da capo, non si esaurisce mai, pena la sua dimenticanza. Ogni generazione può (e deve) imparare a realizzarlo. Per questo Confronti proseguirà nella sua linea editoriale essenziale: rinnovare di volta in volta questo compito, creando uno spazio libero di idee. A disposizione di quelle idee che si sforzano di rispondere e corrispondere al proprio tempo.
Se la storia di questa rivista continua e ha la forza di progettarsi lo si deve a tutte e tutti noi. Per questo è d’obbligo il ringraziamento. Ai lettori e alle lettrici, a chi ha scritto e a chi scrive. Alla redazione, impegnata e ricca. Agli amici, alle amiche; a tutta la squadra di Confronti che non solo lavora ma è vocata all’impegno. Un ringraziamento infine per chi ha curato in maniera particolare il passaggio di consegne, il direttore Gian Mario Gillio. Da parte dello staff di Confronti, e da parte mia, un sentito riconoscimento e ringraziamento per il lavoro svolto negli ultimi anni, attraverso le gioie e le fatiche, con la generosità e la modestia che lo contraddistinguono.