Duemila morti. Nella totale assenza di immagini e nella scarsità di testimonianze dirette di un conflitto più invisibile persino di quello siriano, questa cifra viene ripetuta dai pochi fortunati che sono riusciti a scappare dall’ultima offensiva militare del gruppo armato islamista Boko haram nel nord-est della Nigeria. L’attacco alla zona di Baga, nello stato di Borno, è iniziato il 3 gennaio. Conquistata con la solita irrisoria facilità una base militare (stavolta, quella della Forza multinazionale composta da truppe nigeriane, nigerine e ciadiane), Boko haram è passato come una furia sulla città di Baga e sui villaggi della zona, bruciando le case e uccidendo le persone.
I corpi nelle strade e nelle case sarebbero centinaia. Le 2000 persone che si danno per morte per il momento sono disperse, non si trovano: alcune potrebbero aver attraversato il lago Ciad e aver raggiunto questo stato o il Camerun, altre potrebbero essere arrivate in Niger via terra, altre ancora potrebbero essere state rapite dai terroristi (come le 200 ragazze che si trovano nelle loro mani dopo ormai otto mesi). Temo che non sapremo mai il numero effettivo delle vittime della furia di Boko haram. Se Baga e i villaggi nei dintorni sono stati rasi al suolo, la stima potrebbe essere reale e saremmo di fronte al più sanguinoso massacro commesso dal gruppo armato.
Di sicuro, molte migliaia sono i civili uccisi da Boko haram da quando, nel 2009, ha iniziato a compiere crimini di guerra in Nigeria. Crimini di fronte ai quali la risposta del governo è stata inefficace per salvare vite umane e in non pochi casi – basandosi su uccisioni sommarie e torture – deleteria. Come sempre, quando si decide di combattere il terrorismo con la sua arma, ossia il terrore, anziché con lo stato di diritto e la giustizia.