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Basilicata e petrolio, ‘Alle falde del Kilimangiaro’ fa arrossire il governatore Pittella

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Guai a ficcare il naso in terra lucana e tentare di raccontare le nefandezze delle multinazionali del petrolio e mostrare la trentennale responsabilità colpevole della cattiva politica targata Pds-Ds-Pd e compagnia di giro. Un “mondo di mezzo” dove politicanti, colletti bianchi, industriali e capibastone – punti sul vivo – quasi subito gridano alla lesa maestà e cominciano a voce alta a blaterare, agitarsi, indignarsi e teatralizzare la solita forte protesta contro chi vuole “arrecare danno, anche solo d’immagine, alla nostra bellissima terra”. Appunto. E’ andato su tutte le furie il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, il “fratello piccolo” di Gianni, per un servizio televisivo andato in onda su Raitre, domenica scorsa, durante la puntata “Alle Falde del Kilimangiaro”.

Il programma condotto da Camila Raznovich e Dario Vergassola ha lanciato l’inchiesta “Basilicata verde petrolio” curata dall’ottima collega Stefania Battistini. Il servizio proprio non è piaciuto ai big della politica lucana. La cronista ha semplicemente documentato alcune noti dolenti che sono veri e propri scandali nazionali ma ben nascosti dalle cortine fumogene dei mammasantissimi. Quella della stazione ferroviaria di Matera – Capitale della Cultura Europea 2019 – ad esempio è clamoroso – dopo spesi oltre 100 milioni di euro – la stazione non c’è. E’ così come la si vede: un’area desolata ed abbandonata, inesistente per le Ferrovie dello Stato. La fanghiglia grigiastra maleodorante e ricca di sostanze metalliche fuoriuscente dalle viscere della terra, in contrada “La Rossa”, nei pressi del pozzo di re-iniezione petrolifera “Costa Molina 2”. L’obiettivo della telecamera ha mostrato quelle acque, altamente nocive, che hanno “bruciato” la vegetazione lungo il loro decorso. Identica e sconcertanti le carpe morte nell’invaso del Pertusillo come le frasi del sindaco di Pisticci che denuncia per l’ennesima volta la situazione allarmante di radioattività nei processi estrattivi. Dicevamo un indignato Governatore lucano dopo aver visto il servizio televisivo ha preso carta e penna ed ha scritto una lettera indignata ai vertici Rai. Non contento per i paesani ha postato un lungo sfogo sulla propria bacheca facebook.

I toni sono come sempre comizievoli, il piglio è da condottiero, le parole pindariche ed a tratti marziane. Il “fratello piccolo” di Gianni sembra davvero governare una regione collocata su di un altro pianeta. Pare che non viva in Basilicata e non governi da anni. A un certo punto della sua filippica a “difesa” della Lucania si produce in un passaggio esilarante : “Io griderò come ho sempre fatto per rivendicare le nostre ragioni, per infondere fiducia e consentire alla Basilicata di potersi rialzare dalla condizione pur difficile nella quale si trova anche a causa – va detto – di una politica in passato troppo ripiegata su se stessa”. Appunto. Marcello Pittella forse fa autocritica – infatti non è proprio nuovissimo – e neppure privo di responsabilità politiche nel disastro lucano. Come non possono tirarsi fuori gli altri miracolati: ex governatore Vito De Filippo oggi sottosegretario alla Sanità, l’altro ex governatore Filippo Bubbico, predecessore di De Filippo e Pittella, ora viceministro dell’Interno, il potentino, Roberto Speranza, capogruppo alla Camera, e il quattro volte deputato Gianni Pittella, capogruppo Pse al Parlamento Europeo ma soprattutto lo stesso Marcello che nella precedente legislatura regionale ricopriva oltre alla carica di vicepresidente al consiglio regionale anche quella di potente assessore regionale alle Attività produttive e lavoro. Un fallimento certificato dai recenti dati pubblicati nel Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno, nel 2013 il Pil nel Meridione è crollato del 3,5% e la Basilicata con il suo -6,1% è fanalino di coda nazionale. Oltretutto, a questo, si aggiunge lo scandalo dello “Sblocca trivelle” e della voce inconsistente dell’intera classe politica a difesa del territorio lucano con buona pace delle popolazioni. Ecco occorrerebbe tacere, guardare le inchieste come quella de “Alle Falde del Kilimangiaro” e arrossire.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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